Nell’ottobre del 2011 un gruppo di persone provenienti da svariate realtà del territorio varesino comincia ad incontrarsi e confrontarsi con l’obiettivo comune di liberare e autogestire uno spazio nella città giardino. Un gruppo di individui quantomai variegato: studenti, musicisti e artisti, lavoratori, ambientalisti e animalisti, tutti uniti dalla volontà di prendersi uno spazio all’interno di quella Varese che è tutt’oggi fortino di leghisti e fascisti.
Credevamo, e crediamo, che l’occupazione sia l’unica maniera per creare uno spazio realmente libero e libertario, al di fuori di qualunque logica mercantilista e autoritaria, per creare non soltanto un luogo di aggregazione per tutti quegli individui e quelle realtà che non vengono considerate, o peggio vengono osteggiate, da burocrati, politici e forze dell’ordine, ma anche un luogo di libera espressione individuale, artistica e culturale, di cui Varese sente fortemente la mancanza.
Sentivamo, e sentiamo, la necessità di riappropriarci della nostra città, passando attraverso il recupero degli stabili abbandonati e in disuso, frutto di cementificazione selvaggia e avida speculazione, di cui la nostra provincia e tristemente piena, che potrebbero e dovrebbero invece appartenere a chi la città la vive e la abita.
Proprio in uno di questi stabili, una ex discoteca abbandonata da oltre 10 anni, siamo entrati una notte di circa un anno fa. Abbiamo provveduto a mettere in sicurezza parte degli ambienti, a ripulirlo e a renderlo nuovamente utile e utilizzabile.
Ma il tutto è servito a poco: il pomeriggio successivo la macchina repressiva entra in funzione: un numero enorme di agenti in tenuta antisommossa fanno violentemente irruzione nello stabile, sorprendendo gli occupanti e rendendo impossibile qualunque reazione.
Veniamo insultati e umiliati, alcuni di noi vengono costretti a spogliarsi integralmente all’aperto (in pieno inverno) e poi perquisiti, ci vengono requisiti attrezzi, volantini, libri e bandiere; infine veniamo scortati in questura e in tarda serata, dopo i riconoscimenti del caso durati svariate ore, veniamo rilasciati.
A tutt’oggi ci resta l’amaro in bocca, l’amaro di un’occasione sprecata per noi e per l’intera città. Ma ci accompagna anche, e soprattutto, la rabbia. Rabbia nei confronti del potere e dei suoi aguzzini, rabbia per le violenze che siamo stati costretti a subire e che subiamo quotidianamente.
E le istituzioni non hanno perso tempo e hanno manifestato apertamente tutta la loro necessità repressiva nei confronti di chi non si omologa. Superando ogni record di velocità, la macchina processuale ha iniziato il procedimento nei nostri confronti dopo pochi mesi, ed è giunto adesso a conclusione. Dopo neanche un anno siamo stati condannati per occupazione e DANNEGGIAMENTO dello stabile in questione, stabile che, vogliamo ripeterlo, era assolutamente in disuso da oltre dieci anni, abbandonato a sé, cadente e pericolante, e dunque a risarcire i proprietari, vivamente preoccupati evidentemente dall’aver perso un edificio di cui non si curavano da così tanto tempo.
Chiediamo dunque a chiunque si senta vicino a noi, alla nostra sensibilità o soltanto al nostro gesto, un aiuto per continuare a sostenere le spese legali che stiamo affrontando e che abbiamo già affrontato.
ExSelvaOccupata
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