fonte: http://mondosenzagalere.blogspot.com
[Riproponiamo, qui di seguito, una serie di interventi apparsi, all’inizio del mese di aprile del 2002, sulla mailing list “Movimento”]
“… questa non é la guerra di una potenza imperiale contro i popoli, ma fra Stati sulla pelle dei popoli, di più quello palestinese, un po’ meno quello israeliano, meno ancora quello americano, meno ancora quello svizzero. Se continuiamo a parlare di paesi, di americani, di inglesi, di italiani invece che di esseri umani, per quanta buona volontà mettiamo, parliamo la lingua del nemico, nella quale le cose della rivoluzione non trovano voce”. Paolo Ranieri
DA UN INTERVENTO DI PAOLO RANIERI
[…]
La “causa palestinese”, diciamolo una buona volta, per metà é un’invenzione e per metà una porcheria.
I palestinesi, intesi in tal senso gli arabi di Palestina, perché gli israeliani sono palestinesi pure loro da parecchi decenni, vengono sfruttati da tutti: stati arabi, sinistre europee, stato d’Israele, leader locali, in passato l’Urss, un tempo i britannici, quasi sempre gli Usa, e così via, per tenere in vita una guerra continua, in cui tutti costoro trovano di che guadagnare, in potere e in danaro.
Dal 1948 tutti costoro si fanno la guerra sulla pelle dei palestinesi, incitandoli a resistere, a battersi, a reagire, a farsi saltare in aria, e prima a dirottare aerei, ammazzare civili. La loro sorte é fra le più disgraziate di quest’epoca, che non lesina in disgrazie. Se un discorso potrebbe forse salvarli, o avrebbe potuto salvarli tempo fa, poteva essere quello di una rigorosa e radicale non-violenza.
Questa strada é stata sempre boicottata da leader israeliani del tipo di Sharon, ma altrettanto dalle diverse leadership palestinesi e arabe, e per molti versi anche da buona parte del fronte militante di solidarietà con la Palestina nel mondo (quelli di “A-a-a-al Fatah vincerà!”).
Io trovo pazzesco e questo sì, ben poco amico della gente che vive lì e muore lì, solidarizzare con una lotta come quella dei kamikaze, dando fiato a una pratica antiumana e mortifera.
Se uno pensa che é meglio morire che continuare così, si faccia pure saltare; ma abbia la compiacenza di non mandarci altri, e di non fare il tifo da lontano per chi lo fa. La battaglia di Palestina é una battaglia spettacolare e , come buona parte dello spettacolo dei giorni nostri, una battaglia con veri morti e vero sangue.
Non é un caso che vi siano accorsi spettacolisti di un sacco di paesi a inseguire i riflettori fino in mezzo ai traccianti e alle mine.
Io credo che ciò che urga per la Palestina e per il mondo, sia una diserzione di massa, e a tale diserzione, che é diserzione dalla guerra dello spettacolo, ma pure dallo spettacolo multimediale della guerra, io invito. E non é che dico che ho ragione perché tanti stanno a casa: verifico, come tutti, che i più stanno a casa. E ipotizzo che sia perché non si sentono coinvolti, perché pensano che per loro non ci sia nulla da fare.
UNO SCAMBIO TRA “PAOLOPUNX” E PAOLO RANIERI
PaoloPunx: Quando si spara sulle ambulanze, si fanno morire dissanguati i feriti, si freddano con un colpo alla testa i prigionieri, si spara e si abbattono le case di civili come forma di ritorsione, qual’è la differenza tra questi atti ed il nazismo?
Paolo Ranieri: Nessuna. Ma va detto che anche sparare sui passanti con armi automatiche, mettere bombe dentro ristoranti e discoteche e autobus, peggio se in forma suicida, appartiene al medesimo ordine delle cose.
Questa d’altronde non é una novità: un’iconografia della Resistenza fessa e interessata ci ha abituati a contrapporre gli spregevoli combattenti di Salò che morivano e uccidevano per opporsi all’invasore americano e al suo alleato, il vile badogliano, ai fulgidi combattenti partigiani che morivano e uccidevano per opporsi all’invasore germanico a al suo alleato, il vile fascista.La differenza vera e unica con i fascisti, quelli di un tempo e quelli di oggi, consiste nel battersi per un altro mondo, dove stati, nazioni, bandiere e religioni siano solo un grottesco e inverosimile
ricordo di tempi segnati dalla barbarie. I combattenti per l’affermazione di un’identità, di un diritto, di un’esclusività, sono tutti sostanzialmente identici. Anche se, certo, il coraggio di chi attacca solo un carro armato ci può suscitare un moto di solidarietà che il pilota del cacciabombardiere o il lanciatore di missili non ci ispirano proprio.
Ma, di fatto, sono composti della medesima merdosa materia prevaricatrice ed autoritaria, e solo il diverso successo li rende apparentemente diversi. Gli ebrei assassini di oggi sono gli eredi degli ebrei perseguitati d’un tempo, e i cinesi perseguitati ed offesi per secoli sono i carnefici del Tibet, e i vietnamiti, i russi, i
cubani, i tutsi, gli hutu…chi si batte per una nazione, attuale o futura o passata é sempre un integrale nemico dell’umanità, prima di tutto la propria.
Cessi infine ogni solidarietà con qualsiasi lotta di liberazione nazionale, con qualsiasi discorso sui diritti dei popoli, sui diritti collettivi; basta con gli appelli all’Onu, alleanza di tutti gli stati per opprimere (perfino la Svizzera ha ceduto) tutti i viventi. Bruciamo le bandiere, prima fra tutte il porco tricolore; liberiamo le nostre città dalle carogne in uniforme, come tanti compagni in tanti paesi, in Grecia, in Argentina, in Palestina, un po’ dappertutto, con alterno successo, cercano di fare.
Ciò che davvero sorprende non é la così modesta solidarietà con l’Intifada, ma che non ci sia un’Intifada in ogni parte del mondo, in ogni villaggio, dovunque la merce e la legge opprimono e alienano.
PaoloPunx: La scusa del terrorismo da combattere è la stessa con cui i nazisti giustificavano i massacri, le rappresaglie, le fosse ardeatine, ecc. ecc. Eppure, nonostante l’evidenza, tutto è lecito, deprecabile, ma lecito! Il rispetto dei diritti umani, le convenzione come quella di Ginevra, le risoluzioni dell’ONU, sono atti vuoti, quando l’impero deve mostrare il suo volto feroce!
Paolo Ranieri: Cioé sempre: tutta quella roba é stata e sempre sarà carta igienica
PaoloPunx: Eppure molti di noi si sono chiesti: com’è possibile che un popolo come quello ebraico che ha subito, come e più di altri (gitani a parte), le ingiurie del nazismo, possa riprodurre ed utilizzare le stesse tecniche dei loro passati carnefici? Perché si é costituito in uno stato. Anzi a giudicare dalle presa di posizione di
molte comunità ebraiche, ad iniziare da quella di Roma, si rivendica proprio in nome delle passate persecuzioni una sorta di eterna autorizzazione a fare qualunque cosa, a compiere qualunque atto, e chi non è d’accordo è tacciato di antisemitismo filonazista.
Paolo Ranieri: d’altronde i palestinesi non pretendono, in quanto oppressi, di essere giustificati in azioni che non si possono che definire terroristiche, intese cioè a seminare il terrore fra la popolazione civile – un proposito che può apparire interessante solo per uno stato o per chi aspiri a diventarlo, per chi , comunque,
desidera, che la gente si sottometta?
PaoloPunx: Bene questi signori sono RAZZISTI, pensano che la loro sia la razza eletta (da Dio), schiacciano le altre etnie con spregio, per loro le vite dei palestinesi non valgono nulla. Questi signori sono NAZISTI, usano gli stessi metodi del terzo Reich, massacrano, non rispettano nessuno, il culto della sopraffazione ed occupazione militare anima i loro cuori, si sentono invincibili, giustificano
qualunque azione in nome della rappresaglia contro il terrorismo! A giudicare dagli ultimi avvenimenti viene quasi da pensare che il problema tra ebrei e nazisti fosse dettato semplicemente dalla concorrenza!
Paolo Ranieri: in parte, anche in senso parecchio profondo, si può ben dire, certo: ma bada che quel che dici di ebrei e tedeschi, o di sionisti e nazisti (cerchiamo di fare paragoni fra enti simili, dai!), vale per tutte le nazioni e tutte le ideologie proprietarie della storia e della geografia. I popoli esistono unicamente per affermare la loro identità opprimendo e perseguitando altri popoli. La pretesa di
possedere un a terra, di avere con essa un rapporto privilegiato, é l’essenza del fascismo. Nota bene che il concetto di nazione, quale oggi ci tocca conoscere, nasce nella stessa epoca, con i medesimi argomenti e ad opera delle medesime forze che scatenano il capitalismo.
PaoloPunx: Eppure il più grande errore che si potrebbe fare è quello di finire anche noi per giudicare tali persone dall’appartenenza ad una razza! Io non ho nulla contro persone di etnia ebraica, ma considero razzisti e nazisti sia SHARON che la maggior parte delle comunità ebraiche (o per lo meno i loro portavoce).
Paolo Ranieri: va detto che la maggioranza degli ebrei della diaspora non si considerano appartenenti ad alcuna comunità, e gli israeliani credo si facciano rappresentare da Sharon più o meno quanto noi ci consideriamo rappresentati da Berlusconi Sono governanti, ed agiscono sfruttando e distorcendo le forze del loro stesso popolo, sono i suoi primi nemici. Come Arafat d’altronde, per i palestinesi.
(…)
PaoloPunx: Considerare tutti gli italiani berlusconiani o tutti i tedeschi del 1935 dei nazisti sarebbe veramente sciocco, così come considerare tutti gli ebrei dei nazisti sionisti; però proprio coloro che si dicono tanto preoccupati della rinascita dell’antisemitismo oggi ne sono i principali responsabili. Quello che a me preoccupa è l’assordante silenzio degli ebrei nei confronti di questi atti oggettivamente nazisti. Così sembra che tutti siano d’accordo, rivendicando un triste primato: gli unici che possono fare i nazisti siamo noi, perché siamo stati perseguitati dai nazisti..Ora è evidente che ciò che sta accadendo in Palestina goda di un evidente appoggio del
governo USA e che le truppe imperiali utilizzate nelle recenti guerre “umanitarie”, nonostante le violazioni di risoluzioni ONU e di diritti siano ben più gravi che in precedenza, rimangano in caserma o peggio preferiscano scorazzare altrove (Afghanistan, Iraq, ecc.). Sarebbe un dramma se anche noi pensassimo di risolvere il problema con un bell’intervento militare multinazionale (imperiale). Quello che invece dovremmo praticare è un sano boicottaggio dei prodotti israeliani,
meglio ancora dei capitali che vengono trasferiti dagli Usa e dalle varie lobbie ebraiche allo Stato di Israele per sanarne i bilanci di guerra, chiedendo….
Paolo Ranieri: al governo italiano?
PaoloPunx: …anche l’immediata interruzione di ogni rapporto diplomatico commerciale con Israele ed il disconoscimento di quello Stato, perlomeno fino al totale ritiro dai territori occupati durante la guerra dei sei giorni!
Paolo Ranieri: non sei l’unico a operare una distinzione stramba fra l’occupazione del 1948, riconosciuta legittima, a fronte di una pretesa illegittimità dell’occupazione del 1967; in effetti, non c’é una vera logica a far questo, salvo che uno sfoggio (ma con chi? stati e individui non comunicano fra loro) di moderazione.
PaoloPunx: Quelli che oggi si nascondono gridando all’antisemitismo sono in realtà complici di un fottutissimo stato nazista e perlomeno dovrebbe avere il buon gusto di tacere! Saluti e baci Paolo Punx
Paolo Ranieri: In sostanza, gli stati sono tutti razzisti, nazionalisti e socialisti – proprio come i nazisti: non sempre per esprimersi necessitano di carri armati e cacciabombardieri. Se la popolazione é quieta bastano, ad esempio, i carabinieri. Ma se vai a vedere i nostri centri di detenzione, vedi la faccia vera dello Stato.
O un carcere, o un manicomio. La questione é semplice, dove esiste legge, non esiste libertà: che la legge l’abbiano votata i disonesti che hai eletto tu (come in Italia), o che ha eletto un altro (come tocca ai palestinesi) o un monarca (come in Arabia Saudita) o una cosca di pretacci (come in Vaticano o fra i Talebani), non cambia nulla. Ogni volta che incontriamo un poliziotto o un militare, in qualsiasi parte
del mondo, ricordiamoci che abbiamo di fronte un collega dei massacratori di Betlemme, di piazza Tien An Men, di Genova. Per trovare nazisti non occorre andare a Tel Aviv: sono sotto le nostre finestre a pattugliare il mondo…
Paolo R.
DA UN INTERVENTO DI FABRIZIO
A mio avviso faremo ben poca strada se continueremo a valutare la cosiddetta questione palestinese soltanto in termini “etici” o “umanitari”. Condivido appieno quanto si è detto circa l’incompatibilità tra una prospettiva di “liberazione nazionale” e un’autentica lotta di liberazione dal dominio e dallo sfruttamento.
Se la prima, infatti, richiede il sacrificio di sé, della propria autonomia individuale, in nome della sacralità religiosa di una “causa” che trova la propria legittimazione in astrazioni e costrutti ideologici, quali i concetti di popolo, nazione, razza etc.(il gesto disperato del kamikaze che si fa saltare in aria è soltanto la variante
più estrema di tale sacrificio), la seconda,invece, é la pratica attiva della propria libertà e delle proprie passioni, non tollera capi né autorità, è lotta contro ogni forma di dominio, contro ogni gerarchia etc.; essa acquista carattere universale perché distrugge tutte le identità parziali preesistenti: è lotta di liberazione dell’intera umanità.
Astraendo dalla oggettiva disparità delle forze in campo, la logica che muove lo Stato israeliano e i proto-Stati costituiti dall’Anp o dalle altre organizzazioni politico-militari palestinesi, è perfettamente speculare: è la logica mortifera del dominio e dello sfruttamento! Non è difficile capire che ci troviamo di fronte a due
opposti terrorismi (di Stato), le cui vittime sono indistintamente tutte le popolazioni coinvolte: i palestinesi, massacrati dai carri armati e dai cacciabombardieri israeliani, così come gli israeliani, dilaniati dagli uomini-bomba che si fanno saltare nelle discoteche e nei ristoranti.
Vittime di questa situazione sono in primo luogo i proletari, palestinesi, israeliani e di ogni altra parte del mondo, che, stretti nella morsa delle identità nazionali, religiose razziali etc., si scannano a vicenda, mandati al massacro dalle rispettive borghesie nazionali (Al Fatah e Hamas che cosa rappresentano, se non la borghesia nazionale palestinese?).
Per evitare di appiattirsi su posizioni nazionaliste, come fa larga parte della sinistra sedicente rivoluzionaria, è necessaria un’analisi materialistica puntuale, che vada oltre il livello simbolico-ideologico delle identità, e tenga conto di tutti gli attori e gli interessi in campo, delle dinamiche sociali e di quelle economiche, e infine
dell’oggettivo intrecciarsi – a incasinare ulteriormente il tutto – di conflitti inter-imperialistici e lotta di classe. Questo sforzo critico costituisce sempre un passaggio ineludibile, se si vogliono individuare le forme di lotta più adeguate, da un punto di vista di classe, a un dato contesto.
Detto questo, mi rendo conto del carattere sostanzialmente “onanistico” del discorso, considerato che noi tutti ben poco possiamo incidere sulla specificità della situazione palestinese – se non, appunto, abbandonando ogni atteggiamento da “tifoseria” e praticando qui ed ora il conflitto e la sovversione sociale. Vedrò, comunque, di abbozzare alcune considerazioni (non mi sono mai interessato in modo specifico alla “questione palestinese”, quindi perdonatemi eventuali
inesattezze).
Lascerò da parte l’analisi del ruolo svolto, negli ultimi 50 anni, dagli americani e dagli europei, il cui interesse al controllo geopolitico di un’area strategica, in primo luogo dal punto di vista dell’appropriazione delle risorse energetiche, è evidente. E’
interessante soltanto notare, en passant, come Stati Uniti e Unione Europea non siano esattamente in sintonia riguardo alla “questione palestinese”. Che si tratti, in barba alle tifoserie negriane, di un malcelato conflitto tra opposti imperialismi?. Sta di fatto che l’adozione dello slogan “due popoli, due stati”, da parte di svariati
governi e diplomazie europee, dovrebbe indurre quantomeno qualche sospetto.
D’altra parte, sarebbe interessante, per comprendere quali interessi siano effettivamente in gioco, sapere, ad esempio, da dove provengono le armi e i finanziamenti che alimentano l’attività politico-militare delle organizzazioni nazionaliste palestinesi.
Ma passiamo ad aspetti della faccenda che sono senz’altro di maggiore interesse. Credo che si possa ravvisare nella politica omicida che lo stato di Israele ha adottato nei confronti delle popolazioni arabe di Palestina, sin dalla sua costituzione nel 1948, qualcosa di molto simile a quanto il vecchio Marx definiva i “metodi
dell’accumulazione originaria del capitale”.
L’espropriazione delle terre e le deportazioni hanno di fatto prodotto un enorme serbatoio di forza-lavoro a bassissimo costo. Prima della “seconda Intifada”, su 4 milioni di profughi palestinesi circa 500.000 lavoravano in Israele, per la maggior parte ai gradi più bassi della gerarchia salariale (per tacere degli infimi “costi di
riproduzione” di questa forza-lavoro, considerato che le popolazioni dei campi profughi non sanno nemmeno cosa siano servizi sociali e “welfare state”). La stessa militarizzazione dei “territori” – veri e propri bantustan in cui palestinesi vivono segregati in condizioni di estrema miseria – e le politiche volte allo sviluppo degli insediamenti dei coloni, si pongono l’obiettivo palese di impedire lo sviluppo di
una economia (capitalistica) palestinese e di mantenere alcuni milioni di proletari in uno stato di dipendenza estrema e, quindi, a totale disposizione dell’apparato economico israeliano.
Anche ammesso che si giunga alla costituzione di uno Stato autonomo e di una economia nazionale palestinesi (esito che non escluderei a priori, sul lungo periodo, vista la complessità degli interessi imperialistici in gioco), come ci si può illudere che la borghesia locale, rappresentata da Arafat e soci, elargirebbe gratuitamente ai
proletari migliori condizioni di vita e di lavoro? Come si può supporre che essa si manterrebbe in qualche modo autonoma rispetto a questo o a quell’imperialismo? E anche in questo caso, che cosa cambierebbe dal nostro punto di vista, che è quello della rivoluzione sociale?
Questa guerra, oltre ai massacri, alle distruzioni, agli attentati suicidi, porterà, in generale, ad un deciso peggioramento delle condizioni di esistenza di tutti i proletari: sia di quelli israeliani sia (se possibile) dei loro più sfortunati omologhi palestinesi. Mi sembra incredibile come gli effetti esiziali che la guerra inevitabilmente produce a danno degli sfruttati – e che in tanti sono pronti a denunciare, quando i conflitti hanno come protagonisti i governi imperialisti americani ed europei – divengano ora invisibili agli occhi dei più. Misteri dell’ideologia…
Quando parliamo dell’opportunità di disertare questa guerra, non facciamo che rilanciare quell’opzione antimilitarista che dovrebbe essere patrimonio di tutti i rivoluzionari! Disertare, per i proletari palestinesi, non significherebbe affatto accettare passivamente la propria sorte ma, al contrario, uscire dalla passività dell’alienazione capitalista, per praticare finalmente una lotta autenticamente liberatoria. E ammesso che ci si voglia porre come obiettivo, quello parziale di un semplice miglioramento delle proprie condizioni di sopravvivenza, questo avrebbe ben poco a che spartire con la costituzione di un nuovo Stato e di una nuova patria. Saluti, Fabrizio