Vince la lotta autorganizzata a Origgio!

Uniti si vince! Origgio in ogni luogo di lavoro.

La “lotta paga”, come dice il famoso adagio. E ha pagato ancora di
più se si considera che a Origgio (Varese) si è consumata positivamente
una battaglia che ha in sé caratteristiche che ne fanno un esempio di
lotta globalizzata. Una lotta contro il lavoro e un tipo di struttura
del lavoro particolare, che possiamo chiamare, senza ombra di dubbio,
criminale, cioè quella delle cooperative, dove i diritti dei lavoratori
spesso sono pure utopie. Poiché i lavoratori delle cooperative non sono
formalmente dei dipendenti, ma “soci lavoratori”, non rispondono ai
contratti collettivi di lavoro e sono alla mercé di chiunque: se alzano
la testa, nella migliore delle ipotesi, vengono cacciati a calci.
Spesso queste sedicenti “organizzazioni del lavoro” sono gestite da ex
sindacalisti o comunque supportate dai sindacati confederali.

La lotta alla Bennet di Origgio è stata anche una lotta antirazzista,
dovedecine di lavoratori cingalesi, albanesi, filippini, africani,
marocchini, italiani della cooperativa Leonardo e Giava (appartenenti
al consorzio CAL) si sono uniti per combattere contro lo sfruttamento
del lavoro, contro il potere dei caporali, contro la ghettizzazione
categoriale, affermando una forte capacità auto-organizzativa e di
vedere oltre i paraocchi della politica sindacale e politicante.

Dopo il primo sciopero a fine giugno, che ha dato inizio alla partita,
si sono moltiplicate le iniziative di sciopero e blocco dei cancelli. A
luglio Dikson, iscritto allo Slai Cobas, viene fatto oggetto di una
provocazione: un capo si finge aggredito e l´operaio viene licenziato
pensando così di terrorizzare gli operai.

Ma la paura non abita nei cuori dei lavoratori della Bennet: le
iniziative di lotta si sono intensificate, fino ad arrivare a
proclamare lo sciopero del cottimo, in un crescendo che ha portato
all’atto finale di venerdì notte e sabato mattina. E sabato si è
piegato il padrone, anzi i padroni, perché la lotta era sì contro la
Leonardo e la Giava, ma anche contro la Bennett, che beneficia del
lavoro super sfruttato delle cooperative.

Il blocco dei cancelli iniziato venerdì 19 dicembre alle 21.00, era
segnato dall’arrivo di un fax dell’azienda Bennett e della Leonardo che
si impegnavano alla riassunzione di Dikson, l’operaio licenziato per
rappresaglia.
Tentativo tanto ingenuo quanto inutile di dividere i lavoratori,
sperando così di fermare le lotte e chiudere per le “feste natalizie”.
La risposta dei lavoratori è stata compatta e senza defezioni: blocco a
oltranza per arrivare a trattare su una piattaforma vera, a 360 gradi.

Alle 5/6 del mattino il picchetto dei lavoratori si è ingrossato a
dismisura: sono arrivati lavoratori di altre fabbriche, studenti delle
Università Statale e della Bicocca, lavoratori immigrati che avevano
sentito parlare di questa LOTTA. Tutti i cancelli della Bennet sono
stati presidiati: la fila dei TIR e camion che non potevano entrare si
è ingrossata talmentetanto che si stavano intasando anche le arterie
principali che vanno verso Milano.

Ai camionisti la situazione è stata spiegata dai lavoratori
individuando i veri responsabili, i padroni e sono stati invitati a
venire a ristorarsi davanti ai cancelli.
Pochi ci avrebbero scommesso, ma anche i camionisti hanno mantenuto un
atteggiamento solidale e, anzi, si sono anche incazzati con la
direzione che non voleva firmargli l’ordine di arrivo delle merci.
Polizia e carabinieri non sapevano più che pesci prendere: dopo aver
cercato per tutta la notte di provare a rompere l’unità dei lavoratori,
ma non trovando il terreno disponibile ad uno scontro con i lavoratori,
hanno praticamente sollevato il culo dei responsabili della Bennet e la
Leonardo e li hanno portati prima al comando dei carabinieri e poi in
fabbrica, dove è cominciata la trattativa con i lavoratori. Dikson, tra
gli applausi, era tra i lavoratori al tavolo delle trattative. Intorno
alle 12 i lavoratori e un compagno dello Slai Cobas sono scesi con la
bozza di accordo che prevedeva la riassunzione di Dikson, la cacciata
di due capi reparto responsabili di aver contribuito a creare un clima
intimidatorio e razzista, circa 500 euro di una tantum (fino ad oggi
bloccata da accordi firmati dai Confederali), diritto alla mensa, messa
a norma dell’infermeria, riconoscimento dei diritti sindacali dei
lavoratori e dei loro delegati eletti.

L’unica nota parzialmente stonata è stata il misero aumento salariale
ottenuto (40 centesimi all’ora): forse è mancato un pizzico di coraggio
in più necessario a concretizzare maggiormente la trasformazione dei
rapporti di forza che si è data sotto gli occhi di tutti; ma in ogni
caso, anche quel piccolo aumento, ha avuto il suo significato politico:
innanzitutto si tratta di un aumento extra-contrattuale (mediamente
quello che CGIL-CISL-UIL ottengono in due anni a livello nazionale) e,
soprattutto è stato definito sulla base di un principio di
egualitarismo fra dipendenti di cooperative diverse e fra operai con
mansioni differenti, cosa che fino ad oggi era stato motivo di astuta
divisione tra lavoratori, operata dai padroni.
Quindi non possiamo che salutare come una prima importante vittoria questo risultato.

Una lotta solidale, una lotta che sembrava folle solo a pensarla e
che è diventata realtà solo grazie alla lucidità visionaria di
attivisti sindacali, compagni di qualche centro sociale, del Comitato
antirazzista milanese, degli studenti universitari, dei compagni di
altre città. Compagni e compagne hanno capito ilfatto che a Origgio si
giocava una partita che andava oltre i confini del luogo di lavoro e
hanno deciso di stringersi intorno agli operai, mobilitarsi per
estendere la lotta e sostenerla concretamente fino alla fine.
Compagni e compagne di generazioni e con percorsi politici diversi, ma
che sono riusciti a trovare l’unità su obiettivi finalmente concreti e
condivisi e hanno quindi messo in campo una forza capace di favorire e
moltiplicare la combattività.

Certo sappiamo che il percorso è appena all’inizio, ma adesso
sappiamo anche che l’organizzazione dei padroni è “debole” e che i
lavoratori uniti e auto-organizzati ce la possono fare.
Origgio smuoverà sicuramente dinamiche di lotta “nuove” sul fronte
delle cooperative e della capacità solidale e dell’auto organizzazione:
sta anche a chi ci ha creduto fin dall’inizio, e per tutto il tempo
necessario a vincere, dargli il valore che si merita.
Sicuramente lavorando per realizzare in tempi rapidi una riunione
cittadina con i lavoratori che servirà per approfondire e analizzare la
situazione e dare forza ad un percorso che guarda con fiducia e
determinazione ad una lotta generalizzata verso un mondo senza classi e
sfruttamento.

Comitato Antirazzista milanese
Origgio, 23 dicembre 2008


Verso l’assemblea pubblica

Dopo
la vittoria di Origgio, il 2 gennaio alle 18.30, nella sede dello Slai
Cobas, si terrà un incontro per organizzare una assemblea pubblica a
Milano su crisi, attacco padronale, risposta dei lavoratori insieme
agli studenti e soggetti politici e sociali antagonisti, per costruire
un’opposizione organizzata ed intransigente ai padroni e governo.

Comitato Antirazzista milanese