Da Black Blockbuster: (youtube) (instagram)
22 gennaio. Il carcere di Varese è scosso da una potente rivolta. I media e i sindacati di polizia liquideranno l’accaduto come l’iniziativa di un manipolo di facinorosi scatenata da un banale pretesto. A distanza di un mese sappiamo cosa è accaduto veramente, grazie alle testimonianze dei detenuti che si sono rivoltati.
Il 22 gennaio scoppia una rivolta che coinvolge gran parte dell’istituo.
I media avvalorano la tesi del FNS-CISL, secondo la quale un manipolo di facinorosi avrebbe capitanato gli scontri, cagionati dal pretesto di una televisione rotta e non sostituita.
Solo pochi giorni dopo sarebbe arrivata la circolare del comandante della polizia Gabrielli in merito alla gestione delle rivolte carcerarie, eppure il sindacato della penitenziaria si vanta già di come “[..] i recentissimi interventi di automazione hanno consentito di contenere e circoscrivere alla prima fase di avvio i gravi atti di violenza posti in essere […]”
Oggi grazie alle testimonianze di chi era rinchiuso, sappiamo quali motivi hanno scatenato la loro rabbia.
TRE ANTEFATTI
sono state le gocce che hanno fatto traboccare il vaso:
- Ai primi di settembre Pasqiuale Siciliano, di 50 anni, muore di infarto. Alle 21:00 lamentava dolori all’addome e un formicolio al braccio ma aveva ricevuto solo una Tachipirina. Verso mezzanotte viene portato in infermeria e circa un’ora e mezza dopo viene rispedito in cella. Pasquale e il suo concellino si lamentano di nuovo ma ricevono la pronta risposta delle guardie: «Finiscila di scassare». Alle 3:00 di notte muore in preda ai dolori.
- Ai primi di ottobre un uomo si uccide nella sua cella. I segnali del suo malessere erano evidenti ma l’amministrazione se ne è infischiata e si è presto dimenticata dell’accaduto. Già in occasione della morte di Pasquale Siciliano i detenuti si erano rifiutati di rientrare dall’aria per poter parlare col magistrato di sorveglianza. Essendo domenica ed ottenendo dal direttore la sostituzione della guardia capoposto avevano deciso di rientrare.
- Infine il 23 gennaio Francesco Longo entra nell’ufficio del capoposto per chiedere la sostituzione del televisore rotto. La guardia con l’ispettore della MOF lo riempono di calci e pugni. Dopo le rimostranze dei compagni di sezione, che vedono i segni delle percosse, Longo viene portato in infermeria che lo rispedisce indietro con un referto negativo. Longo poco dopo si accascia al suolo dolorante. I compagni di sezione chiedono a gran voce un’ambulanza, che non arriva.
INIZIA LA RIVOLTA
Telecamere spaccate, luci rotte, porte e finestre divelte, gabbiotto e ufficio del capo posto sfondati, quadri elettrici fatti saltare, sezione allagata.
La rabbia dei detenuti pervade l’istituto fino all’arrivo di una trentina di agenti anti-sommossa tra penitenziaria, polizia e carabinieri. Per loro è difficile intervenire e si aiutano lanciando gas lacrimogeni e usando gli estintori.
Alla fine, anche per la presenza di alcuni compagni con problemi di salute, i detenuti decidono di rientrare e fermare la rivolta.
In sei vengono accusati di devastazione e saccheggio, danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale.
E vengono trasferiti in altre carceri.