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La speculazione edilizia da tempo anche a Saronno ha raggiunto un livello insostenibile, sia nel settore privato sia in quello pubblico.
Per quanto riguarda il primo, la città è in mano a pochissimi palazzinari (di cui uno recentemente arrestato in conseguenza di oltre 80 milioni di euro di bancarotta) che si spartiscono la stragrande maggioranza delle abitazioni nel territorio del saronnese, incuranti delle esigenze dei cittadini, ma ovviamente molto attenti ai loro interessi e guadagni. Sono state numerosissime le nuove costruzioni negli ultimi anni, costruzioni che vanno ben al di là dell’esigenza abitativa, dato anche che la popolazione saronnese non è praticamente aumentata da un ventennio a questa parte; queste nuove abitazioni restano così per lo più sfitte o vengono affittate a prezzi esorbitanti decisi dal cartello che questi stessi speculatori istituiscono, per tenere il mercato sotto controllo e garantirsi guadagni facili.
Per quanto riguarda le residenze popolari, invece, l’azienda regionale che gestisce l’edilizia pubblica, l’Aler, da anni assegna un numero insufficiente di case rispetto alle necessità, sia a causa del numero troppo basso di abitazioni disponibili, sia a causa della mancata costruzione di nuovi palazzi. Quelle presenti comunque sono spesso fatiscenti, e la manutenzioni necessarie non eseguite.
Una nostra indagine effettuata nei mesi passati a Saronno ha evidenziato che esistono circa mille e trecento abitazioni vuote in città, spesso lasciate al degrado o rimaste sfitte per volontà degli stessi proprietari. Questo mentre sono molte le persone che sono senza casa o che non possono permettersi di pagare gli altissimi prezzi raggiunti dagli affitti saronnesi e mentre le graduatorie per le case popolari sono sempre più lunghe. Questo scenario non è dissimile da quello di moltissime altre città italiane e c’è da aspettarsi che, con la crisi e la disoccupazione che avanzano, saranno sempre di più le persone in questa situazione.
Ciò che è una necessità primaria, quella di avere un tetto sotto cui stare, diventa così un lusso, un privilegio o una questione puramente monetaria.
Di fronte ad una situazione di questo tipo sembra ridicolo soffermarsi sulla dicotomia tra ciò che è considerato “legale” e tra ciò che è considerato “illegale”. Non è possibile, infatti, che vi siano individui ed intere famiglie che quotidianamente si affannano per pagare un affitto per loro economicamente insostenibile, o che sono costrette a vivere dove non vorrebbero (in stabili fatiscenti così come in appoggio a parenti o conoscenti).
Non è concepibile che pochi individui speculino, che facciano affari sfruttando un bisogno primario, che si arricchiscano alle spalle di moltissimi, permettendosi di lasciare troppe persone lungo una strada ed un’infinita colata di cemento alla proprie spalle.
La riappropriazione di case sfitte non è una pratica che possa essere liquidata semplicemente in quanto illegale. Essendo la casa un diritto inalienabile, si tratta piuttosto di una questione che riguarda la possibilità di avere un’esistenza dignitosa, anche per non ha abbastanza soldi, o magari le conoscenze giuste negli ambienti giusti. La nostra vita non è una merce di scambio.
Noi siamo solidali e complici con tutti coloro che, non essendo nella possibilità di avere una casa attraverso i mezzi consueti, decide di agire in prima persona per risolvere il proprio problema abitativo, andando ad abitare in una delle tante, troppe case che ad oggi rimangono sfitte.