A fine maggio la Procura di Busto Arsizio ha emesso per un nostro compagno la richiesta di sorveglianza speciale. La sorveglianza è una misura preventiva che puzza però fortemente di punizione. Chi la subisce non deve essere giudicato colpevole da un Tribunale per uno o più reati, ma è sufficiente essere bollato come “socialmente pericoloso”, cioè qualcuno che mette a rischio la “normalità”, la sicurezza e la placidità dell’ordine sociale ed economico. L’obiettivo è quello di prevenire condotte possibili future basandosi su quelle precedenti: la polizia raccoglie informazioni non solo sulle scartoffie giuridiche ma anche sullo stile di vita, le amicizie, i luoghi che si frequentano, le scelte di vita che si fanno. É una misura che viene usata in vari ambiti da molti anni e cerca di colpire diversi tipi di persone. Chi è sorvegliato deve rispettare una condotta decisamente rigida e invadente in ogni ambito della quotidianità. Sono precluse alcune frequentazioni, può essere previsto il rientro notturno o l’obbligo di dimora in un comune, ogni spostamento deve essere comunicato e segnato sul documento del sorvegliato speciale che rimpiazza la carta d’identità. Soprattutto la sorveglianza speciale potenzialmente può essere reiterata all’infinito.
Pur non avendo letto le carte, è semplice immaginare il perchè di questa richiesta: un attacco diretto ad un compagno che fa parte anche dell’Assemblea Popolare di Busto Arsizio e che segue un iter repressivo iniziato con un foglio di via da Busto Arsizio, passando poi per un avviso orale aggravato e infine all’amara ciliegina sulla torta. Dall’estate scorsa, sull’onda delle proteste no green pass e dopo i primi cortei spontanei, nasce a Busto l’Assemblea Popolare che ha saputo dare energia e continuità alle piazze ben oltre la lotta no green pass, portando in piazza ancora oggi, dopo quasi un anno, tantissime persone diverse tra loro, momenti di aggregazione e discussione, contenuti di critica anche radicale al mondo in cui viviamo.
L’intento ci sembra quindi evidente: allontanare energie da realtà che resistono sul territorio, spaventare le persone che le frequentano o potrebbero farlo, dividere più comunità che si intrecciano, isolare chi viene ritenuto importante per la continuità delle lotte, attaccare le pratiche tutte che stanno alla base del volersi mettere in gioco, far dubitare che valga la pena di farlo. In un momento storico in cui vige la totale delegittimazione di qualsiasi pensiero critico, radicale o anche solo discordante da quello dominante, un aperto contrasto a qualsiasi tentativo di autogestione dello spazio e del tempo ed un drastico abbassamento della tollerabilità di lotte e pratiche – con il conseguente abisso tra agire e repressione che mira a spazzare via ogni possibile barlume di ribellione- crediamo che ogni sforzo per mettersi di traverso allo Stato e di proposta per una vita diversa dalla quotidianità asfissiante che viviamo, sia da supportare a pieno. Se qualcosa in queste zone si è risvegliato, se qualche piccola possibilità di incrinare il pensiero dominante si è fatta strada in anche solo qualche persona in più, se qualcuno ha fatto uno o anche solo mezzo passo al fianco di qualcun’altra nello sviluppo di una coscienza antiautoritaria o per le strade di una città, pensiamo che sia già qualcosa per cui valga la pena di mettersi in gioco.
Toccherà a noi ricordare a sbirri e pm che la voglia di lottare, la necessità di organizzarsi e costruire comunità forti è comune a moltissime persone in ogni angolo di questo mondo e che stare al fianco di chi lotta è proprio quello che faremo.
Ricordiamo l’appuntamento No Sorveglianza Speciale! PRESIDIO al Tribunale di Milano il 15 giugno alle ore 10.
CONTRO LA SORVEGLIANZA SPECIALE. SEMPRE AL FIANCO DI CHI LOTTA.
TeLOS