Qualche settimana fa un nostro compagno è stato chiamato in questura per un interrogatorio riguardo a due post da lui ‘condivisi’ su Facebook nell’ottobre 2020: in quel periodo veniva imposto il coprifuoco, ennesima misura repressiva spacciata come misura di sicurezza per contenere il virus, e molte persone scendevano in diverse piazze d’Italia per esprimere il proprio malcontento. La frustrazione si è espressa nelle strade con qualche vetrina di lusso spaccata e saccheggiata e inevitabilmente gli scontri con la polizia.
A distanza di poco tempo da quegli episodi, alcune persone, tra cui tanti giovani, sono state arrestate e accusate dei fatti in questione anche a causa di alcuni filmati diffusi sui social che li ritraevano.
Il volantino fatto oggetto di accusa dalla procura di Varese, tra i vari consigli, ricordava perché fosse altamente sconsigliato filmare o fotografare se stessi o altri durante certe situazioni. Consigliava come proteggersi il viso e le vie respiratorie dai lacrimogeni, e altri consigli di prudenza come ad esempio non muoversi da solo e non perdere di vista i propri amici.
Per la condivisione di questo post, il reato contestato è quello di ‘Istigazione a delinquere’.
Le premure della questura sono ancora una volta più che mai grottesche ci restituiscono quanto l’apparato repressivo abbia tutto l’interesse a dare prova di forza di fronte agli accenni di rabbia che sono stati da antipasto ad un probabile banchetto che ci auguriamo sia prossimo a venire.
Viviamo un momento in cui il malcontento è generalizzato, anche se troppo spesso non ancora maturo ad esprimersi nelle forme e negli obiettivi, pertanto diventa imprescindibile per la repressione andare a soffocare quelle voci di chi vuole condividere pratiche e accortezze per tutelarsi insieme dallo sguardo intrusivo della polizia.
Di quelle voci recentemente fatte oggetto di repressione, ecco alcuni esempi:
-L’arresto del rapper militante Pablo Hasel, avvenuto in Catalunya il 16 febbraio 2021, con la duplice accusa di incitazione al terrorismo e vilipendio alla corona per i testi delle sue canzoni. La monarchia iberica mostra ancora una volta la sua pulsione a reprimere le molteplici forme di dissenso interno, anche in virtù della Ley Mordaza.
-La vicenda di Colpo di Grazia, il film liberamente ispirato alle trame politiche della città di Monza, che va dalla censura dell’articolo dei quotidiani locali che ne annunciavano l’imminente uscita all’operazione repressiva ad opera del Sindaco Allevi e dell’Assessore all’urbanistica Sassoli per cui il 19 febbraio i Carabinieri, su mandato della Procura, perquisiscono negozio e abitazione di un fornitore informatico dello staff di Colpo di Grazia, sequestrando dispositivi personali come pc e smartphone.
– Quanto successo a più riprese ad alcuni compagni e compagne dell’Assemblea permanente contro il carcere e la repressione di Udine e Trieste, indagati per oltraggio e istigazione a delinquere. A loro gli inquirenti sembrano voler far pesare penalmente ogni parola che, superando la sterile libertà di indignarsi, rivendichi la libertà di lottare.
-Infine la richiesta di sorveglianza speciale per Boba, anarchico torinese, per la sua presunta condotta socialmente pericolosa giustificata, tra le altre cose, dai dialoghi tra i personaggi di finzione del suo romanzo Io non sono come voi.
“Ma ci sembra che a questo punto non stia diventando illecito solo avere un’opinione, ma anche il puro e semplice immaginare. Una società in cui non solo si paga per le proprie opinioni, ma addirittura per le opinioni o le azioni dei propri personaggi d’invenzione sarebbe la trama perfetta per un romanzo distopico. Ma per qualcuno, invece, è la realtà, perché sta accadendo.” Eris edizioni, a commento della richiesta di sorveglianza.
Il volantino condiviso
E’ chiaro come lo stato liberale, con la sua costituzionale libertà di informazione, espressione, opinione, possa accettare forme di dissenso come parte della propria magnanimità democratica, accogliendone però unicamente quelle forme innocue e pertanto inutili, non mancando invece di punire cinicamente quel dissenso che mette in discussione il suo stesso esistere, attaccandolo. E’ altrettanto chiara la potenza del suo apparato mediatico in grado di offrire una varietà fasulla, realmente tutta uguale ed a senso unico.
Alla crisi economica generalizzata, al dilagare della povertà e al disastro ambientale che è messo in atto la risposta delle istituzioni si risolve in una continua e sistematica repressione, censura e persecuzione giudiziaria. Sta a ciascuno di noi il compito di ritrovarci, solidarizzare e condividere pensieri, metodi e pratiche per saper rispondere ai tempi che verranno.
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