25 aprile, ore 10, Piazza Libertà, Saronno
#3 – CARCERE
Fin dagli esordi della pandemia, a marzo 2020, si è palesata la risposta repressiva dello Stato, a partire dall’ingente dispiego di forze dell’ordine in strada, per una vera e propria caccia all’uomo.
I soggetti al centro del mirino non sono stati solo coloro che non rispettavano le misure ma anche, per esempio, i lavoratori in sciopero nelle fabbriche e i detenuti nelle carceri.
Fin da subito sono imperversate rivolte nelle carceri di tutta Italia, in seguito alla sospensione di colloqui e socialità, ma non solo: i detenuti chiedevano misure alternative alla detenzione in quanto preoccupati per la loro salute.
Le carceri di tutta Italia sono infatti da sempre estremamente sovraffollate, oltre al fatto che l’assistenza sanitaria è estremamente carente, anche a causa della negligenza dei medici che prescrivono tachipirine per qualsiasi problematica e non effettuano diagnosi proporzionate alle patologie.
L’8 marzo 2020 nel corso di una rivolta sono state brutalmente uccise 14 persone dalla polizia.
La versione ufficiale è stata “overdose da farmaci”, ma sappiamo bene che chi da queste versioni sono gli stessi che per ben un mese non hanno diffuso tutti i nomi dei morti e che non hanno effettuato l’autopsia su molti di quei corpi.
In seguito a questi fatti, 5 detenuti del carcere di Modena hanno presentato un esposto in cui raccontano ciò che è effettivamente accaduto. Questo esposto racconta di pestaggi di massa, spari ad altezza uomo e della morte di uno di loro, Salvatore Piscitelli, lasciato morire nella sua cella dopo essere stato selvaggiamente picchiato dagli agenti, nonostante le continue richieste di assistenza e cure dei suoi concellini.
Il caso di Salvatore Piscitelli non è però un’eccezione: nella sola galera di S. Maria Capua Vetere sono 57 gli agenti indagati per abuso di potere e tortura.
Anche nelle carceri della zona la situazione è affine: a Busto Arsizio vi è stato uno sciopero delle fame in seguito alla morte per coronavirus di un uomo lasciato morire nella sua cella e al quale era stata negata la scarcerazione, malgrado fosse già affetto da numerose patologie.
Anche il carcere di Varese il 22 gennaio è stato scosso da una rivolta avvenuta, come hanno dichiarato gli stessi detenuti, a causa delle morti di due detenuti che potevano essere tranquillamente evitate se solo avessero ricevuto le cure adeguate.
Il Covid ha solamente amplificato e reso evidenti problematiche quotidiane nelle carceri e preesistenti alla pandemia, quali sovraffollamento, mancata assistenza sanitaria, strutture fatiscenti, soprusi della polizia .
Il carcere, nonostante le velleità educative, ha sempre avuto unicamente funzione punitiva e di deterrente. L’educatività viene infatti facilmente meno se si considera l’immediata sospensione di tutte le attività educative ed assistenziali, e se si tiene a mente che questi uomini sono stati lasciati morire soli nelle loro celle , nella noncuranza generale.
Ma anche questo non ci è nuovo. D’altronde, il dispositivo carcerario è colonna portante e diretto riflesso del mondo in cui viviamo: un mondo in cui è ammessa la separazione tra individui di serie A e individui di serie B, oppressi e oppressori, persone a cui è consentito essere curate ed altre a cui è negato, persone che hanno una casa ed altre che non la hanno, ricchi e poveri .
Non ci stupisce dunque questa noncuranza, ma non possiamo dimenticarci delle lotte dei detenuti e delle brutalità che stanno avvenendo dentro alle carceri.
In questo ultimo anno ci sono state diverse manifestazioni di solidarietà sotto tutte le carceri italiane, per portare supporto ai detenuti e alle loro lotte.
Bisogna far sì che ciò che è accaduto non venga dimenticato e che quello che succede dentro quelle quattro mura venga diffuso il più possibile.