Al Circolo della Teppa, Via Guaragna, Saronno.
Dalle 18.30 aperitivo, a seguire presentazione del libro con l’autore
Sul finire degli anni Sessanta si materializzano, nell’area del triangolo industriale italiano, sullo sfondo del lavoro di fabbrica, gang giovanili che, in breve tempo, evolveranno in temibili “batterie” di rapinatori. Per tutte basti l’esempio della mitica “banda Vallanzasca”. La linea di condotta di questi banditi metropolitani era tutt’altro che estranea ai modelli culturali dei quartieri operai e proletari, così come il loro stile esistenziale assolutizzava quell’impazienza e assenza di mediazione che caratterizzerà le generazioni degli anni Settanta.
Nel gergo pokeristico “andare ai resti” significa giocarsi tutto: in questo modo i rapinatori ostentavano l’imbocco di una via senza ritorno, una “visione del mondo” fatta propria per oltre un decennio dalla “meglio gioventù” e formata attraverso la rielaborazione esistenziale di film e musica come Mucchio selvaggio, Giù la testa, Sugarland express e Getaway, e poi Janis Joplin, Jim Morrison e i Rolling Stones. Tra le molte anomalie, rispetto alla criminalità tradizionale, vi è il ruolo delle donne. In un’epoca in cui, anche negli ambienti più radicali, le donne erano, nella migliore delle ipotesi, gli angeli del ciclostile, le donne/bandite conquistavano un’autonomia decisionale e operativa scomoda sia per il conservatorismo borghese, sia per il progressismo femminista
Inevitabilmente, quando non muoiono in uno dei tanti conflitti a fuoco, per le donne e gli uomini delle “batterie” il carcere diventa un passaggio obbligato. Qui la loro utopia incontra quella dei militanti rivoluzionari, e in carcere le affinità elettive finiranno con il riconoscersi. Banditi, rapinatori e guerriglieri, a partire da un humus esistenziale comune, mettono in campo la critica più radicale mai portata alle istituzioni totali, che all’interno delle carceri sfocia nelle innumerevoli evasioni, riuscite o tentate
Quest’epoca, come è noto, tramonta e si dissolve tra la fine degli anni Settanta e primi Ottanta nelle Carceri Speciali, e con l’orrendo meccanismo della diffusione del ciclo dell’eroina, lasciandosi dietro una scia di sangue e di orrori, in un contesto in cui l’«Anti/Stato» della criminalità organizzata ritorna a egemonizzare i mondi illegali. I rapinatori e i guerriglieri che tornano in libertà trovano fuori ad aspettarli una società fondata sulla lotta fra impotenti e sull’esclusione, in cui si praticano le stesse forme di controllo disciplinare sperimentate nei carceri e in cui, dai primi anni Novanta, sono soprattutto gli stranieri ad assumere l’etichetta di nemico pubblico che un tempo era loro riservata.