Oramai è tradizione anche per i compagni e le compagne di Saronno: il 25 aprile ci si ritrova in Piazza Libertà per festeggiare la sconfitta del nazi-fascismo. La data ci è cara, dato che ogni persona dotata di senno non può che odiare il fascismo e la sua dittatura. Ci piace anche ricordare come qualcuno, anni fa, decise di non subire passivamente le brutture della sua epoca, e si impegnò anima e corpo, col fucile in mano, per fare qualcosa di concreto contro chi in quegli anni comandava. Ci piace ricordarlo perché ci pare che ogni giorno, anche oggi, ci sia bisogno di lottare; perché subire passivamente la realtà che ci circonda e che, troppo spesso, ci schiaccia non rientra nel nostro DNA. Ci piace pensare e vivere da ribelli, perché, checché ne dica qualcuno, questo non è di certo l’unico né tantomeno il migliore dei mondi possibili.
Quest’anno in particolare la nostra presenza al corteo del 25 aprile non poteva che essere attiva. E rumorosa. La giunta comunale piddina, negli ultimi dodici mesi passati dall’ultima commemorazione, si è tolta definitivamente la maschera, ed ha spinto decisamente sull’acceleratore della repressione e della retorica legalista. Ecco allora che quest’anno abbiamo assistito ad un taglio dell’acqua, tre sgomberi, con ogni volta una militarizzazione della città, decine di denunce annunciate a mezzo stampa per ogni nonnulla, un vero e proprio pestaggio perpetrato dalla Polizia Locale ai danni di alcuni contestatori, con relativo plauso dei piddini ai picchiatori in divisa, la presenza costante di FN per le vie saronnesi, tra l’indifferenza di chi crede che le preoccupazioni arrivino sempre e solo da sinistra, la criminalizzazione a mezzo stampa di ogni movimento di dissenso. Tutto ciò ovviamente a contorno della politica giornalmente schifosa della giunta, tra appostamenti maneschi al mercato contro chi si attrezza per vendere due verdure e l’approvazione di un criminale Piano di Governo del Territorio…
E così la giunta Porro, tra sgomberi, pestaggi, denunce e criminalizzazione del dissenso, non poteva non aspettarsi una buona dose di fischi durante la festa della Liberazione. Ed era proprio questa la nostra volontà: tornare in Piazza per presentare il conto a chi crede che il ricordo del ventennio sia solo un buon modo per farci credere che oggi tutto va come dovrebbe. La nostra volontà era chiara, e chiaramente abbiamo preannunciato la nostra, comunque oramai scontata (un nostro striscione appare ininterrottamente da oramai 8 lunghi anni), presenza al corteo. Un volantino distribuito nei giorni precedenti spiegava chiaramente il nostro punto di vista: se ogni giorno parli di sgomberi, repressione, denunce, legittimi la presenza dei nazi-fascisti in città, ecc, non puoi credere di parlare impunemente di libertà e lotta al fascismo.
Evidentemente però le forze “democratiche” al governo della città non potevano permettersi la contestazione preannunciata. Ecco allora che viene invitata alla festa anche una corposa delegazione di poliziotti, in tenuta antisommossa. L’obiettivo della Polizia ci è chiaro fin da subito: impedire ai contestatori di accedere alla piazza delle commemorazioni, mettendo un cordone di celerini tra gli indesiderati e i democratici governanti. Peccato però che lo squallido obiettivo dell’intervento poliziesco non sia sfuggito a noi presenze fastidiose, che quindi, al posto di farci chiudere in una tonnara con reti dai caschi blu, ci siamo mossi liberi per tutto il corteo. Al termine dello stesso deve essere però parsa evidente alla polizia l’impossibilità di chiuderci al di fuori della piazza, e così, a due passi dal Parco Salvo D’Acquisto, la celere è bruscamente irrotta, caschi, scudi e manganelli, nel bel mezzo del corteo, a dividere le istituzioni da praticamente tutto il resto dei manifestanti. Molti di noi non hanno visto di buon occhio questa violenta irruzione, ed hanno cercato di proseguire sul percorso. La polizia ha dimostrato la propria idea a riguardo facendo partire una prima carica, del tutto a freddo, seguita da un altro paio, evidentemente insoddisfatta del risultato raggiunto.
Peccato però che il tentativo di tagliarci fuori, per impedire la temutissima contestazione, non sia andato in porto, dato che la celere si trovava a quel punto proprio in mezzo al percorso ancora da percorrere, visto che amministrazione ANPI e codazzo sarebbero dovuti tornare sui loro passi, verso Piazza Caduti. Ecco allora che piddini e tirapiedi vari si sono dovuti, dopo qualche minuto di imbarazzo, far scortare per un centinaio di metri, tra gli insulti e gli sfottò, fino a raggiungere il microfono per le orazioni di rito. Impossibile però alla celere oramai spostare i contestatori, e le decine di altri cittadini, per la maggior parte schifati dall’azione, questa sì squadrista, delle forze dell’ordine dalla piazza. Ai caschi blu non è rimasto allora che circondare i democratici governanti, subissati da insulti e fischi.
Dopo qualche minuto di giusta rabbia un rappresentante dell’ANPI e il sindaco di Feltre, invitato per l’occasione, riescono a tenere i loro discorsi. Discorsi che, tuttavia, per la prima volta da anni non verranno ascoltati in maniera subordinata dai presenti. In maniera spontanea, infatti, si formano diversi capannelli di persone che discutono su ciò che hanno appena vissuto. Un signore racconta in maniera concitata di come gli era stata presa a calci la bicicletta da un plotone di scalmanati in divisa, e una signora gli risponde come ogni violenza sia ingiustificabile. Opinioni contrastanti, discussioni spontanee, ma vere, molto più liberatorie di un discorso retorico ripetuto ogni anno. Una vera liberazione dalla passività con cui si vivono di solito queste commemorazioni, una vera riappropriazione delle piazze e delle tematiche. Questo è successo perchè la pantomima sedante delle cerimonie è stato interrotto dalla vita reale. Vedere che la violenza istituzionale può essere sentita sulla propria pelle e non solo sui giornali ha per un poco rotto l’incantesimo e fatto esplodere la voglia di capire, confrontarsi, prendere posizione.
E, finalmente, ecco andare in scena la promessa e tanto temuta contestazione al sindaco Porro, e quindi alla sua giunta. Uno striscione di quasi venti metri viene srotolato da un palazzo, ricordandoci le schifezze che ogni giorni il PD su tutto il territorio nazionale compie. L’intervento del sindaco viene reso del tutto inascoltabile, subissato di fischi, urla, e ogni tipo di rumore molesto.
Finito il discorso le istituzioni si spostano, scortate da polizia e carabinieri, dalla piazza. Noi ci dirigiamo, in corteo, al quartiere Matteotti, dopo passiamo qualche ora a mangiare e bere in compagnia.
Peccato solo che, questa volta, la presenza squadrista, fascista, violenta dei repressori in divisa non abbia impedito alle nostre voci di sovrapporsi a quella del primo cittadino. Peccato. La prossima volta, forse, gli andrà meglio, e così sarà salva anche la faccia, oltre che il Diritto e la Libertà sancite dalla nostra Antifascista Costituzione.
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