Stamattina tre perquisizioni con notifica di arresto domiciliare, con tutte le restrizioni, a carico di tre No TAV tra Torino, Avigliana e la provincia di Varese. Le accuse sono tentata rapina in concorso e violenza privata (riqualificate dalla PM nella sola violenza privata), contestate durante la marcia “over 50” del 10 agosto 2013. Le indagini partono dalla querela di tale Erica di Blasi, giornalista del quotidiano La Repubblica, che denuncia di aver ricevuto minaccia al fine di consegnare il proprio telefono usato per comunicare col collega Numa Massimo, alcuni agenti della Digos e filmare i partecipanti alla manifestazione durante la battitura delle reti. In particolare denuncia di essere stata circondata, minacciata verbalmente e con un bastone, seguita ed obbligata a identificarsi. Il reato viene contestato in concorso ad altre persone da identificare, in numero superiore a venti. Nei giorni successivi il fatto, attraverso i propri filmati, alcuni tweet e ricognizione sui profili facebook di alcuni attivisti, dichiarava di aver individuato alcuni dei soggetti attualmente imputati e ne riferiva agli inquirenti.
Tutti coloro che hanno partecipato alla marcia del 10 agosto hanno ben idea del tipo di iniziativa svoltasi e del clima di quella giornata. Le falsità riportate dalla De Blasi erano già state rilevate (vedasi articolo: http://www.notav.info/post/in-risposta-alle-falsita-di-repubblica-sulla-marcia-degli-over-50/). Ora sulla falsariga di quelle stesse falsità si montano accuse sproporzionate oltreché infondate. L’esigenza di isolare la lotta no tav tramite calunnia e tutto l’armamentario mediatico che conosciamo si avvale di ogni mezzo necessario, dove le misure repressive diventano non la conclusione del processo di accusa ma l’inizio. Da queste strampalate imputazioni parte il can can mediatico, il tentativo di spaventare gli altri attivisti, e la richiesta di ulteriori misure giudiziarie in un sistema che si autoalimenta e autogiustifica.
La repressione della lotta no tav è attuata sempre con gran tempismo: quando il fronte del Tav vacilla sotto i colpi della lotta e della solidarietà che essa riceve, perquisizioni e arresti servono innanzitutto a distogliere l’attenzione, a controbattere con un titolo sul giornale in questa guerra combattuta con tutti gli stratagemmi della guerra psicologica. Inoltre le restrizioni in atto sono assolutamente sproporzionate ai fatti contestati, e denotano l’esigenza di impedire agli accusati ogni tipo di partecipazione e apporto alla lotta. Ma anche così, duri quel che duri questa pagliacciata, sappiamo chi i nostri compagni sapranno lo stesso non stare con le mani in mano. La lotta va avanti: in questo momento hanno sicuramente più problemi loro che noi.
No tav- provincia di Varese