Da Tradate ore 9.00 dalla stazione FNM, da Saronno ore 9.20 dalla stazione FNM, da Varese alle ore 9.20 dalla stazione FFSS, da Gallarate ore 9.40 Via Raffaello Sanzio 2 (piazzale negozio abbigliamento Sorelle Ramonda). Gli orari indicati sono quelli effettivi della partenza, pertanto si raccomanda la massima puntualità.
Si riparte dalla Val Susa alle ore 19.00, arrivo previsto alle 22-22,30 circa.
All’Alta velocità e alle grandi opere, in Valsusa e in provincia di Varese: DI’ DI NO!
La realizzazione delle grandi opere non riguarda solo l’Alta Velocità in Valsusa. La nostra regione si trova infatti all’incrocio di importanti corridoi internazionali e l’apertura dei nuovi tunnel di base transalpini raddoppierà il volume di merci che transita su questo territorio, tra i più urbanizzati, trafficati e inquinati d’Europa.
Per movimentare sempre più merci da posti sempre più lontani, al contrario di quanto viene detto, il Tav richiede l’integrazione con nuove autostrade (come Pedemontana che ne ricalca la linea, o Bre.be.mi), tangenziali e raccordi (TEM, Rho-Monza, Malpensa-Boffalora, ecc), con nuovi porti intermodali internazionali ferro-gomma (Busto Arsizio, Sacconago, Vignate, Pioltello, Bergamo, Chiasso-Como), con aeroporti (ampliamento di Malpensa e suoi collegamenti), porti e retroporti (Alessandria, Tortona, Mortara), con il sistema delle gronde ferroviarie e relativo traffico merci nei centri abitati (nuova Arcisate-Stabio, raddoppio Luino-Gallarate, quadruplicamento Chiasso-Monza, collegamento Seregno-Bergamo, ecc.), e ovviamente la connessione con le altre linee Tav (Gottardo, Sempione, Terzo Valico, Brennero) che tutte convergono sul nostro territorio.
Il finanziamento di tali opere, e degli interessi di industriali e grandi capitali che vi stanno dietro, si accompagna alla rottamazione di servizi alla collettività come i trasporti regionali (in qualità e in sicurezza: gli incidenti con merci pericolose e i disagi per gli utenti sono continui, come nel caso Trenord) secondo un sistema collaudato di fallimenti programmati che mira alla smobilitazione dei servizi di utilità sociale per creare nuove fonti di profitto, dalle pensioni alle poste, da scuole e ospedali alla fornitura di un bene essenziale come l’acqua, con gli a.d. di tali società, sempre in quota al governo di turno, pagati milioni per questo lavoro “sporco”.
Ne derivano importanti conseguenze per il mondo del lavoro, le cui attività dipendono sempre più dal processamento di semilavorati che viaggiano alla ricerca di manodopera a basso costo per poi essere venduti altrove: andata e ritorno dal centro Europa all’Italia oppure dall’Italia all’est, per poi passare nella grande distribuzione organizzata e i suoi poli logistici. Significa avere condizioni di lavoro sempre più dipendenti dai mercati internazionali e dai suoi flussi, una sempre minore specializzazione e una maggiore intercambiabilità e ricattabilità. I recenti scioperi dei camionisti e dei dipendenti della logistica (Bennet di Origgio e Turate, Basiano, Ikea di Piacenza, Esselunga di Pioltello, Ortomercato di Milano) lo confermano.Il trasporto è una parte sempre più importante dei processi produttivi.
Seguendo questo modello di sviluppo, in Lombardia l’aumento delle infrastrutture è stato negli ultimi anni esponenziale. Ciò si accompagna a un danno ambientale diffuso (cave, inquinamento di falde, smaltimento illecito di rifiuti nei cantieri con coinvolgimento degli enti preposti al controllo, vedi l’Arpa in Bre.Be.Mi), e ad un meccanismo di speculazione finanziaria derivante dalle opere accessorie, dalla trasformazione del territorio circostante in zone edificabili, dalla “riqualificazione urbana” di interi quartieri che li mette nelle mani dei grandi investitori. Questo, come per la terza pista di Malpensa o Expo 2015, è spesso il vero motivo di queste operazioni, che con un tratto di penna portano nelle tasche di alcuni milioni di euro, a costo di devastare il territorio, espropriare, sgomberare o sfrattarne gli abitanti. E abbiamo potuto vedere bene, nelle inchieste sull’alta velocità in Lombardia, quali meccanismi leghino politica, mafia ed economia in questi affari: le società mafiose di movimento terra delle grandi opere sono le stesse che ritroviamo nelle cooperative che gestiscono la logistica della grande distribuzione (Tnt, Sma, Gigante, Esselunga, Coop) con sfruttamento della manodopera immigrata, le stesse che si accordano con politici di tutti i livelli e impresari locali per il mantenimento di questo sistema.
Il consumo di suolo che queste opere comporta, la distruzione di aree naturali ed agricole soffoca quella agricoltura di prossimità che permette un presidio importante del territorio legato a produzioni sane e non inquinanti. Un’agricoltura meno industrializzata capace, oltre a creare occupazione, di fornire alimenti a giusti prezzi, che abbatte il trasporto su lunghe distanze e l’intermediazione degli speculatori, che contrasta lo sfruttamento neoschiavista su cui l’agricoltura italiana, non solo a Rosarno ma anche nella pianura padana (Franciacorta, tortonese, cuneese, bassa padovana) si basa per ottenere produzioni industriali allineate ai prezzi della grande distribuzione. Significa curare le terre dall’abbandono, che si paga poi con le tante “catastrofi naturali”, ma che tali non sono, che annualmente colpiscono il territorio italiano stretto tra abbandono e cementificazione.
Lo Stato finanzia tali opere smantellando istruzione e sanità, istituzioni che non rappresentano certo il miglior modo di trasmettere il sapere o di curarsi, ma il cui peggioramento ci indica con quale criterio si operino i famosi “tagli” che sono tutt’altro che indiscriminati. Nelle scuole le strutture sono sempre più trascurate e pericolose (dai crolli di intonaci a quello di edifici interi), così come pessima è la prospettiva per la didattica, per i docenti e per gli studenti. Grazie alla “spending review” vengono chiusi reparti e tagliati i fondi nei piccoli ospedali diffusi sul territorio (Cittiglio, Cuasso, Luino, Angera nella sola provincia di Varese), il personale che vi lavora è costretto ad orari sempre più impegnativi, a turnazioni impossibili, a contratti più precari a retribuzioni più basse, mentre a poca distanza sono stanziati ingenti fondi per implementare il traffico merci. In queste condizioni diventa impossibile dare un servizio decente, servizio che, però, diventa per noi sempre più costoso (ticket) grazie ai “tagli” e al dirottamento dei fondi verso i privati (sussidiarietà).
Le stesse considerazioni si potrebbero fare sia per le pensioni, sia per il salvataggio delle banche, sia per le spese militari, come nel caso degli F35: miliardi di euro per decine di cacciabombardieri che servono a garantire gli interessi coloniali americani ed europei nel mediterraneo.
Si potrebbe continuare con un lungo elenco, pensando a quanta energia occorre per il funzionamento di questo stupido mezzo di trasporto e alle sue conseguenze sull’uso di corrente, sia di origine nucleare che fossile, oppure sulle tragiche conseguenze dello scavo di un tunnel in zona amiantifera. Potremmo parlare del prosciugamento delle falde come nel Mugello, proprio oggi che la desertificazione anche nel sud dell’Europa è una realtà, ma è il sistema generale a cui il Tav è funzionale che crea continui effetti nocivi sulle nostre vite.
Il movimento no tav ha creato un ampio consenso intorno a sé perché i motivi della lotta sono chiari, sacrosanti, lontani da giochi di potere ed interessi egoistici. Con coraggio ha messo a nudo il sistema di potere e il progetto di società che si prepara con l’alta velocità, segnando la strada a tutti coloro che si battono per ragioni simili. É per questo che oggi contro al movimento no tav si muove una macchina potente e coordinata che irreggimenta giornali e televisioni, magistratura e polizia, partiti e potentati economici, mafie e servizi segreti: se la lotta gode di consenso, va screditata con campagne mediatiche menzognere e punita con pene esemplari perché non sia d’esempio a tutte le altre, piccole e grandi, che da essa traggono coraggio e ispirazione nelle pratiche di lotta. Se vogliamo lasciare aperta la porta della speranza a tutti quanti, delle cosa sopra dette, fanno un punto importante di resistenza nella propria terra, oggi dobbiamo sostenere la lotta no tav. Perché di tutti gli incubi della lobbie del Tav si avveri il peggiore: che la lotta si estenda e si unisca alle altre.
Comitati acqua bene comune della provincia di Varese
Cobas scuola Varese
Assemblea popolare NO ELCON di Castellanza
Comitato Varesino Palestina
Comitato NO F35 – NO M346