PSICOFARMACI E PSICHIATRIA: TENERE FUORI DALLA PORTATA DEI BAMBINI
INTERVISTA A GIORGIO ANTONUCCI SU ADHD E PSICHIATRIZZAZIONE DEI BAMBINI
A cura del Gruppo d ’iniziativa non psichiatrica di Tradate
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INTERVISTA A GIORGIO ANTONUCCI SU ADHD E PSICHIATRIZZAZIONE DEI BAMBINI
A cura del Gruppo d ’iniziativa non psichiatrica di Tradate
Tu che hai una approfondita conoscenza della realtà psichiatrica,
dei suoi fini e metodi, cosa ci puoi dire rispetto alla
psichiatrizzazione dei bambini in generale, e in particolare sul
tentativo di questi ultimi anni di estendere il giudizio psichiatrico
in modo diffuso a tutti i comportamenti dei bambini, coinvolgendo in
questa operazione genitori e insegnanti?
Il problema non riguarda solo i bambini ma lo sviluppo attuale della
psichiatria. La psichiatria sta estendendo i suoi poteri a tutti i
livelli, sia cominciando col mettere sotto controllo le madri incinte,
i bambini appena nati e i bambini che crescono, poi gli adolescenti e i
giovani, poi le persone mature, poi le persone anziane.
Questa è un’estensione della psichiatria a tutte le età della vita, da
prima della nascita fino alla morte, e parallelamente c’è una
estensione della psichiatria a tutti gli aspetti delle nostre attività,
per cui attività che prima erano state considerate attività che fanno
parte della vita degli uomini da non mettersi in discussione, come per
esempio essere innamorati, oppure fare il gioco d’azzardo, o fumare le
sigarette sono tutte attività che via via vengono comprese
sotto gli schemi della ps., vengono inventate continuamente nuove
malattie mentali. Infatti si sente parlare delle cliniche per curarsi
dal gioco d’azzardo, delle cliniche e delle medicine per curarsi
dal fumo, per cui la ps. sta facendo un’operazione che parte dagli
Stati Uniti ma che si estende in tutto il mondo di comprensione di
tutta la vita umana, dalle origini fino alla fine. Per esempio per
quanto riguarda le persone anziane c’è un concetto che prima non c’era
e che ora è molto diffuso, che viene portato continuamente avanti, cioè
che quando uno ha una certa età capisce meno, il suo cervello funziona
peggio e deve essere messo sotto tutela; cosa che non è vera, a meno
che uno non abbia una grave malattia neurologica, ma questo può
succedere anche da giovane, non è più integro nel suo pensiero se viene
il morbo di Alzheimer; queste sono malattie specifiche che spesso
comportano una diminuzione delle attività cerebrali. Però il fatto che
gli anziani nella loro totalità sono considerati persone da tutelare è
anche questo un concetto psichiatrico, tanto che nella vita sociale di
tutti i giorni si sente dire che gli anziani hanno bisogno di qualcuno
che si occupi di loro, preparandoli all’emarginazione ed eventualmente
all’ospizio. Naturalmente tutto questo succede con una differenza di
potere, nel senso che se un anziano è Presidente della Repubblica non
ci sono problemi, nessuno pensa che avendo quella età possa ragionare
male, se è una persona che non ha potere rischia di essere emarginata e
di essere messa da parte. Per cui è una operazione senza precedenti di
controllo totale che risponde alla politica attuale. Per esempio per
quanto riguarda la tragedia di New Orleans, quello che viene portato in
maggiore rilievo da gran parte dei mezzi di comunicazione non è il
fatto che ci sono migliaia di persone morte, bambini che muoiono di
sete, o altre situazioni tragiche, ma il fatto che bisogna stabilire
l’ordine pubblico e si manda l’esercito con facoltà di sparare, che è
una cosa inconcepibile e assurda; in un posto dove c’è bisogno di aiuto
quello che interessa di più è mandare lì l’esercito con la facoltà di
sparare, si è detto addirittura che gli americani non conquistano più
una città estranea come Bagdad ma conquistano New Orleans, e questo è
il modo di pensare in cui prevale il concetto di sicurezza, secondo
loro, sicurezza sociale e controllo sociale.
È in questo ambito che si sviluppa il discorso psichiatrico, per
cui non è il problema di dire se i bambini devono prendere o no la
medicina, il problema è che siamo sempre di più controllati e
sottoposti a controlli, e al centro di questi controlli c’è la
psichiatria perché al di là dei controlli polizieschi, gli altri
controlli sono della psichiatria, nel senso che la magistratura e la
polizia controllano dove ci sono reati, ma là dove non c’è reato e c’è
libera espressione interviene la psichiatria coprendo tutte le lacune.
Per cui non c’è salvezza, nel senso che, se non si ha il potere sociale
di non essere sottomessi alla psichiatria, qualunque nostro
atteggiamento, qualsiasi cosa si faccia si dica o si pensi viene
considerata malattia di mente.
Io ho sempre detto che il problema malattia di mente non è un problema
da discutersi in medicina; in medicina ci sono malattie di tutti gli
organi comprese quelle del cervello, nessuno ha mai detto che un
problema neurologico non è una malattia; le malattie hanno una loro
identificazione: se c’è il morbo di Alzaimer ci sono le cellule del
cervello che vanno in distruzione, come quando si ha una cirrosi vanno
in distruzione le cellule del fegato, ma il fatto di non comportarsi
secondo gli schemi della società non c’entra nulla con la malattia,
assolutamente, per cui è inutile continuare il discorso. L’etichetta di
malattia di mente viene posta per il controllo sociale e si chiama
malattia di mente un comportamento che non viene accettato dalla
società del momento, che non rientra nei costumi. Per esempio Freud si
faceva la cocaina tranquillamente perché allora non c’era la
proibizione sulla cocaina, ora la cocaina è proibita per cui oltre a
essere motivo di controllo poliziesco per i reati che essa comporta,
chi usa la cocaina è un malato di mente, e così via. Per quanto
riguarda l’omosessualità che è sempre stata considerata malattia di
mente, è stata anche considerata malattia di mente di recente sul
manuale americano, poi l’hanno tolta per le proteste di San Francisco
degli omosessuali, però nonostante ci sono i matrimoni tra persone
dello stesso sesso ci sono alcuni psichiatri che la considerano ancora
una malattia.
Appunto questo controllo sta diventando sempre più vasto e sempre più
pericoloso e le libertà diminuiscono sempre di più. Il fatto importante
per gli psichiatri è che nessuno se ne accorge, non c’è un movimento di
opposizione agli psichiatri, ci sono singoli sparsi. Ci si trova sempre
più incastrati, la situazione è peggiorata; da quando ho cominciato a
lavorare la situazione è diventata molto più difficile. Quando ho
cominciato a lavorare tanti anni fa c’era il controllo se si
andava a finire in clinica psichiatrica, allora ci si andava a finire
molto di più e per cose che allora non si pensava potessero essere
considerate da inserimento in clinica psichiatrica. La situazione è un
po’ meglio negli Stati Uniti, dove la società civile è più sveglia; qui
c’è sempre stata una società più legata ai partiti, lì è meno legata ai
partiti, per esempio si riuniscono le madri dei bambini che prendono le
medicine, chiamano i deputati dei singoli Stati, ne chiedono
conto. In alcuni stati sono state fatte delle leggi contro questi
farmaci, che pure sono stati prodotti lì, sono diffusi lì e
corrispondono agli interessi di case farmaceutiche essenzialmente
americane.
Il discorso è questo, quello dei bambini ci rientra come dettaglio.
Volevo dire ancora qualcosa sui controlli prima della nascita, sembra
che la psicologia vada avanti, ora cominciano a dire che il bambino
sente la musica quando è nella pancia della madre, sembrerebbero belle
cose nel senso che si va avanti nel capire che c’è una vita psicologica
prima della nascita, però in pratica ne vien fuori che si finisce col
fare degli interventi anche sui bambini prima di nascere. Cioè la madre
è costretta a fare certe cose come ad esempio ad andare in luoghi a
sentire la musica perché così il bambino cresce meglio. Questo può
essere vero o non essere vero, ma non è quello il punto che interessa a
loro, interessa di avere già la struttura che mette sotto controllo e
sotto trattamento anche quello che non è ancora nato. La psichiatria
infantile è recente, ora ci sarà anche la psichiatria prima della
nascita. È una realizzazione molto più accurata di quello che era
il discorso di Orwell della psicopolizia, questo si vede tutti i giorni.
Non esiste più l’assassino, l’omicida in senso letterale senza un
giudizio morale, uno che uccide. Chi uccide oggi è depresso. Che cosa
significa? Che se uno dice che è depresso, la gente si spaventa,
l’assassino non è più responsabile di quello che fa e non si
approfondiscono i motivi. In televisione si sente dire che ha ucciso
perché è depresso oppure perché ha avuto il raptus. Ieri hanno detto
che uno ha premeditato per diversi anni l’omicidio ma poi l’ha fatto
sotto raptus, che è una contraddizione in termini, perché se l’ha
premeditato per diversi anni non è stato un raptus, però viene
ricondotto tutto al pensiero psichiatrico. Se qualcuno legge i racconti
di Maupassant, di Dostoevskij, il problema di chi uccide è un problema
antico come l’uomo, dall’antichità fino ad ora c’è il problema di chi
uccide individualmente, di chi uccide al servizio dello Stato, e così
via, naturalmente chi uccide al servizio dello Stato non viene messo in
discussione. Perché questo serve anche nei tribunali, perché se un
reato il cui discutere mette in discussione troppe cose, allora si dice
che ha avuto il raptus e si chiude il discorso; non per esempio che
quello si è ucciso perché è disoccupato da sei anni, ha una famiglia e
magari non sa come mantenerla, magari lo dicono, però dicono “era
depresso”, per cui la causa è stata il fatto che era depresso e
non tutto quello che c’era dietro.
Per escludere l’analisi dei problemi sociali la psichiatria va
benissimo anche sul problema dei reati piccoli o grandi, magari uno che
usa la droga a delle dosi che non sono previste per legge può finire in
manicomio giudiziario, che è molto peggio che essere processato per la
violazione di una legge.
La psichiatria è sempre più utile sempre più diffusa nel linguaggio dei
mezzi di comunicazione, e se si parla con le persone sia fuori della
cultura in senso accademico sia con i filosofi, tipo Vattimo o
Cacciari, non c’è nessuno che mette in discussione queste cose,
accettano passivamente tutto questo, non è che dicono che non sono
d’accordo. Se si facessero la domanda su cos’è la malattia di mente,
cosa significa, ci sarebbe da discutere. E invece no viene accettata
come un dogma e viene accettato appunto tutto uno stile di vita in
questo modo qui. Ripeto io ogni volta che sento la televisione o leggo
i giornali trovo in continuazione che è tutto falsificato. Anche a
livello storico, per esempio se si vuole smettere di dare una
spiegazione, si tira fuori la malattia di mente. Ad esempio io leggo
molti libri su Hitler perché mi interessano i problemi che lo
riguardano, che sono centrali nella nostra epoca. Ci sono gli
organicisti che dicono che Hitler aveva un testicolo solo, per quello
ha fatto il macello che ha fatto; poi ci sono gli psicanalisti che
dicono che un medico ebreo ha curato sua madre, che è morta di tumore,
allora loro ricordando questo medico ebreo possono dargli la colpa per
quello che Hitler ha fatto dopo. Quelli che invece vogliono affrontare
il problema lasciano andare queste cose e si domandano come mai nel
ventesimo secolo Hitler sia salito al potere accompagnato da personaggi
come Heidegger, Richard Strauss, Heisenberg e tanti altri, una cultura
intera, allora ci si domanda qual è il fenomeno storico Hitler, se si
dice invece che aveva questi cromosomi o l’infanzia infelice non ci si
domanda più nulla.
Per cui è chiarissimo che la psichiatria aiuta a non spiegare niente,
sia a livello storico che a livello sociale; nel momento in cui non si
discute più nulla, si accetta tutto.
Io mi ricordo che qualche anno fa se la polizia sparava e uccideva uno
succedeva uno scandalo, c’erano scioperi, ora sparano e basta. Ad
esempio il fatto che a New Orleans sia arrivato l’esercito con l’ordine
di sparare lo hanno detto, ma nessuno si è scandalizzato, nessuno si è
chiesto cosa succede; no, lo dicono come notizia che sembra logica
perché ci sono gli “sciacalli”; c’è la gente che muore di fame e dicono
che ci sono gli “sciacalli” nei supermercati…siamo arrivati a un punto.
È questo il discorso, nel senso che non si discute più assolutamente di
niente, si accettano le cose passivamente, e ripeto la
psichiatria per questo serve, se no andrebbe inventata una
organizzazione più adatta per impedire di pensare, più adatta della
psichiatria non ci potrebbe essere.
I bambini sono vivaci, sono indisciplinati per fortuna, si muovono
continuamente. Ricordo l’ultima volta che sono stato a Parigi per
discutere di questo, ho sentito diversi interventi in cui tutti
discutevano di medicina e si facevano un sacco di chiacchiere per
dimostrare che il bambino che si muove molto, che non sta attento, che
è indisciplinato, che è vivace, non è malato. Siccome io sono arrivato
verso la fine, ed erano tutti un po’ stanchi, c’era chi si muoveva, chi
si soffiava il naso, chi parlava con quello accanto, allora io ho
detto, vedete voi siete degli adulti, state qui, siete scocciati da
tutte queste chiacchiere, fate casino, e i bambini dovrebbero fare
diversamente da voi? I bambini hanno ancora più necessità di essere
disattenti. Ho detto loro che non è necessario parlare di medicina; è
intuitivo che i bambini devono essere così, anzi se i bambini non sono
vivaci può darsi che stiano male, perché un bambino che è quieto deve
preoccupare la madre, vuol dire che c’è qualcosa che non va, perché un
bambino fisiologicamente deve essere in movimento continuo, perché il
movimento muscolare serve per la crescita, per lo sviluppo degli
organi. Il bambino che è disciplinato è una preoccupazione, tutto il
contrario di quello che dicono loro.
Loro vogliono che la classe funzioni con tutti i bambini come se
fossero dei robot, perché i bambini saranno gli adulti di domani che
devono essere tutti dei robot, questo è il nocciolo. Il pensiero
psichiatrico ha una sua falsa specificità, ma in realtà è un tipo di
giudizio che si dà sugli altri, su ogni comportamento, ora
specialmente, ora in continuazione.
Poi cambiano le mode. Mi ricordo quando io ho cominciato tanti anni fa
ad occuparmi del problema era di moda l’isterismo, ora non ne parla più
nessuno; poi c’è stato un periodo che era di moda la schizofrenia, ora
è di moda la depressione. Il concetto è di mettere sotto giudizio un
comportamento senza dare una spiegazione reale. Se sono triste c’è un
motivo, se io mi ribello c’è un motivo, se non ho voglia di lavorare
c’è un motivo, e così via. Invece non si parla più di motivi, si dà
un’etichetta e si chiude il discorso.
Questo purtroppo ora è diffuso. La Cina è psichiatrizzata al cento per
cento, d’altra parte c’è la condanna a morte anche per il commercio di
riviste pornografiche, per cui si capisce bene che non c’è nessuna
speranza di cambiare, condannano a morte anche i ladri di biciclette.
La struttura psichiatrica è diffusa dappertutto, in India, in
Australia, in Russia naturalmente, in tutto il mondo. E io domando
perché non c’è nessun filosofo che mette in discussione queste cose,
quando è evidente a prima vista che sono cose che non si reggono in
piedi; non c’è nessuno, anzi si tirano indietro, o dicono che non se ne
intendono, che dovrebbe essere un problema dei medici, facendo vedere
che non hanno capito niente. Però su altre cose discutono: di
filosofia, di epistemologia, di fisica, di matematica; di questo no,
nessuno. Si conteranno sulle dita: c’è Thomas Szasz, c’è stato
Foucault, qualcuno ha discusso le istituzioni come Basaglia ma non il
significato. Vediamo che cos’è, prendiamo la psichiatria e vediamo cosa
dice e quello che dice, vediamo come corrisponde ai fatti e a che cosa
serve. Anche perché pochi mettono veramente in discussione il potere.
La destra e la sinistra sono d’accordo che si deve pensare a uno
sviluppo competitivo. Non c’è più niente. Devo dire che quando c’è
stato il Social Forum europeo a Firenze hanno discusso di tutto ma di
questo problema no.
Molte associazioni, gruppi politici, istituzioni, tra cui psichiatri
democratici, stanno facendo una campagna contro l’uso del Ritalin per i
bambini con diagnosi ADHD. Non ti sembra riduttivo fare una critica
solo alla somministrazione di psicofarmaci ai bambini e non alle
diagnosi psichiatriche che etichettano comportamenti umani come
malattie mentali da curare, correggere, trattare con o senza interventi
chimici?
Non vedo la differenza tra uno psichiatra democratico e un altro
psichiatra, non si tratta neanche di discuterlo, a parte che è
un’assurdità parlare di psichiatri democratici. Ora son tutti
basagliani, perché non c’è più il manicomio, ma è una falsità perché
ora ci sono altre strutture che hanno la stessa funzione, non c’è
alcuna differenza. Quando io ero con Basaglia si faceva l’elettroshock,
si faceva alle donne, agli uomini non più, io ho dovuto litigare con
Pirella. Perché questa differenza? Se si vuole dare una valutazione
benevola perché il primario degli uomini aveva le idee
diverse da quello delle donne, il primario delle donne era Jervis; se
si vuole dare un’altra valutazione è perché avevano pensato di liberare
gli uomini prima delle donne da certi tipi di oppressione.
È inutile discutere con gli psichiatri democratici, o si mette in
discussione questo controllo sociale a tutti gli effetti e si comincia
a ragionare in termini reali tenendo conto dei singoli individui che
hanno diritto alla loro libertà, oppure si perde tempo.
Io sono sempre stato di questo avviso, perché c’era conflitto diretto.
A Trieste si parlava di istituzione negata, però le uscite erano
controllate. Dove sono stato io a Imola non era controllato niente,
c’era la magistratura che si occupava di me.
Qui o si salta il fosso o non si salta, se si ragiona in termini della
medicina che fa bene o la medicina che fa male, questa sindrome e
quest’altra si ragiona in termini da cui non si esce. Il concetto reale
di malattia di mente vuol dire che di quella persona non ci si può più
fidare, cioè gli si attribuisce una inferiorità che non ha ma gliela si
attribuisce come etichetta, in modo che da quel momento in poi il
“malato di mente” può diventare l’incapace di intendere e di volere per
il tribunale, per cui non ha diritto a svolgere qualsiasi attività
sociale e civile. Il “malato di mente” non ha nessun significato
medico, ha un significato sociale ed è quell’etichetta che rovina la
persona anche senza ricoverarla, perché se io dico che uno è
schizofrenico e ti presento uno con questa etichetta tu naturalmente
non puoi avere un rapporto con lui come se io non te lo dico. Se si
aggiunge il fatto che schizofrenico non vuol dire assolutamente niente,
io, con la mia autorità, comunico che questo è un individuo che bisogna
controllare e nessuno se ne può fidare e quell’individuo deve stare
sotto controllo. Questa è la storia. Il resto sono palle.
Anche sul piano della sofferenza è stato fatto un equivoco. È
stata identificata la sofferenza con la malattia: è una cosa
sbagliatissima. È sofferenza psicologica quando mi capita una
disgrazia, quando muore una persona per me importante, ma non è
una malattia, è un modo di sentire una tragedia nella mia vita di
relazione. La sofferenza fisica non è una malattia, se io ho un dolore
alla gamba è il mio organismo che mi avvisa che ci può essere qualcosa
che non va, che può essere anche una malattia.
Agli psichiatri non è mai interessata la sofferenza, è interessato il
controllo, perché se io sto benissimo e faccio delle cose che non
tornano, ad esempio se io sono omosessuale, felicemente omosessuale e
sto benissimo non è che soffro, mi fanno soffrire loro quando arrivano.
Oppure hanno inventato il concetto di ninfomania; una donna che fa
l’amore con molti uomini non soffre mica. Gli psichiatri se ne
infischiano della sofferenza, quelli vogliono controllare. Se io dico
che ci sono gli spiriti nelle stanze e che fuori c’è il KGB che mi
controlla, può darsi che dica una cosa giusta o sbagliata; c’è anche
chi crede ai fantasmi nelle stanze, il KGB qualcuno controlla, però
ammesso che dico una cosa sbagliata, sbagliarsi non è malattia di
mente, se uno fa un’ipotesi che è sbagliata se ne discute. Se io dico
che mi perseguita il KGB e non è vero mi prendono e mi portano in
clinica; oppure se io dico che sono San Francesco probabilmente non è
vero, probabilmente, perché se lo dico in senso simbolico può darsi che
dico che ho delle qualità come San Francesco o mi sto facendo una
fantasia, però farsi una fantasia anche assurda non è una malattia.
Perché noi ci facciamo fantasie di tutti i tipi, anche le più assurde
per fortuna; del resto i religiosi che credono nella Trinità – ci sarà
qualcosa di più assurdo? – hanno diritto di crederci. La Trinità è un
concetto che non regge, allora perché se io ho un concetto personale
che non regge devo essere messo in manicomio mentre il papa può dire
che in Dio ci sono tre persone uguali e distinte? Ci sono quelli che ci
credono, li rispetto, però non diciamo che le idee assurde sono da
manicomio, le idee assurde sono dappertutto. Anche Hegel, che dice che
la storia è un percorso spirituale, può darsi che abbia sbagliato
tutto. Se invece è una persona senza potere che dice delle cose non
istituzionali la sbattono dentro, mentre chi ha il potere può dire
quello che vuole. Se Berlusconi dice: “San Silvio ne ha fatta un’altra
delle sue”, dicendo che è un grande uomo che fa cose grandi, lui non
rischia niente, finché ha il potere, poi magari verranno un po’ dopo
che lui ha perso il potere a fare l’ipotesi che lui è un malato di
mente. I problemi di malattia di mente vengono dopo, mica quando uno ha
il potere. Quando c’era Hitler tutti gli psichiatri gli andavano
dietro, hanno partecipato anche alle torture nei campi di
concentramento.
Se uno dice delle cose che sembrano strane o che sono strane si
discute; il nostro cervello sano, il cervello della nostra specie e
quello di ciascun individuo dice cose inaudite, ci sono cose
logiche e c’è anche dell’altro, dalle origini a oggi. Non siamo logici
e non abbiamo il dovere di esserlo.
Mi ricordo una ragazza che aveva 20 anni, studentessa in medicina, che
era stata rinchiusa perché credeva nella telepatia, ovviamente c’erano
altri problemi sociali altrimenti non l’avrebbero rinchiusa. Oppure
parlano di delirio religioso. Le idee personali non sono più assurde di
quelle ufficiali: ci sono le apparizioni, ci sono i fantasmi, c’è il
diavolo. Il papa ha detto che esiste il diavolo, io ho trovato tante
persone in manicomio che dicevano che la notte incontravano il diavolo,
ma se lo dice il papa perché non lo mettono in manicomio?
Per liberarsi di una persona c’è un motivo, che non è quello che pensa.
Una persona che non dà noia a nessuno può pensare quello che vuole, se
c’è qualcuno a cui dà noia per qualunque motivo, si prende come scusa
quello che pensa per liberarsene.
Poi c’è la storia del passato ma anche del presente. Gli artisti sono
stati tutti qualificati malati di mente. Giovan Battista Cassano nel
suo libro sulla “Depressione male oscuro” dice che Dante era depresso
perché comincia con l’Inferno – poi va anche in Paradiso, non so come
la mette-. Michelangelo era un malato di mente, Van Gogh è stato messo
in manicomio. Matematici come Cantor sono stati messi in manicomio, per
dire allora che non c’entra nulla la logica, a Cantor che è un
inventore nel campo della matematica la logica funziona, ma lo hanno
sbattuto in manicomio lo stesso.
Il problema è che c’è un controllo dei costumi e se uno non rientra
nella norma e in più c’è qualcuno che ha interesse a toglierlo di mezzo
la psichiatria interviene: ci sono vari motivi, ma nessuno riguarda
quello che pensa lui.
Per tornare a questi ultimi anni, stanno preparando il terreno
culturale favorevole per intervenire sui bambini. Siamo consapevoli che
il giudizio psichiatrico può essere scardinato solo attraverso una
trasformazione radicale dei rapporti sociali esistenti, con una
sensibilità e un cambiamento culturale che porti ad assumere in prima
persona la cura di se stessi e la gestione dei conflitti umani. Ma
oggi, nell’immediato, quali strumenti devono avere gli adulti che
intendono tutelare i bambini e gli adolescenti da questa minaccia?
Se un bambino piange la notte e il vicino si lamenta, la madre chiama
il medico, il pediatra oppure lo psichiatra e quello gli somministra
gli ansiolitici.
Il problema della tutela dei bambini riguarda sì genitori più o meno
sensibili e svegli, ma soprattutto genitori che hanno più o meno
potere, per cui si ripropone il problema delle categorie sociali,
perché la famiglia potente, la famiglia ricca, la famiglia che conta se
va a scuola e dice: “a mio figlio non glieli dai i farmaci” non glieli
danno, se una famiglia qualsiasi protesta non cambia nulla. Del
bambino, dei suoi problemi, di ascoltarlo non gliene frega niente a
nessuno, altrimenti non gli si darebbe il veleno. E’ anche il fatto di
non avere il concetto che il bambino deve sviluppare la sua personalità
e non adeguarsi.
Prima c’era un rapporto diretto con l’insegnante che era autoritario,
magari diceva ti butto fuori e ti metteva fuori dall’uscio quando
studiavo io, perché ero vivace, ero anche ribelle, però era un rapporto
diretto, un rapporto tra persone, ora sono scientifici, chiamano lo
psicologo, poi lo psichiatra e ti danno la medicina.
Il problema è il controllo dalla nascita fino alla morte. Negli ospizi
ci sono quelli che non hanno mezzi e subiscono psicofarmaci e camicie
di forza di tutti i tipi.
Qui non si tratta di dubitare della medicina, si tratta di mettere in
discussione veramente il modo in cui si vive, cioè la società nel suo
insieme.
A cura del Gruppo d’iniziativa non psichiatrica di Tradate
Firenze, 3 settembre 2005
BIOGRAFIA DEL DOTTOR GIORGIO ANTONUCCI
Giorgio Antonucci ha studiato medicina e chirurgia all’Università di
Siena, dove ha conseguito la laurea nel 1963. Formatosi come
psicoanalista con Roberto Assagioli, fondatore della psicosintesi,
incomicia a lavorare a Firenze come medico internista e consulente per
problemi inerenti il disagio, dedicandosi poi alle questioni della
psichiatria, per evitare i ricoveri e gli internamenti e impedire che
storie di uomini e donne si trasformino in vicende psichiatriche.
Ha collaborato all’istituzione del primo laboratorio aperto per
degenti, all’interno dell’ospedale psichiatrico San Salvi di Firenze.
Nel 1968, ha lavorato come medico di sezione nel primo reparto di
Ospedale Civile sorto come padiglione aperto, a Cividale del Friuli,
ponendo fine alla pratica dell’internamento in manicomio, seguendo
sempre il criterio del rifiuto di ogni costrizione fisica e psichica e
di critica al discorso psichiatrico.
Nel 1969, ha lavorato presso l’Ospedale psichiatrico di Gorizia, con Franco Basaglia.
Dal 1970 al 1972, ha diretto il Centro di Igene Mentale (CIM) di
Castelnuovo nei Monti (Reggio Emilia). In quel periodo, nei paesi
limitrofi ha organizzato incontri e assemblee, chiamando i cittadini a
discutere di problemi economici, sociali, politici e culturali relativi
all’istituzione psichiatrica. Da quegl’incontri partirono le famose
“calate” a Reggio Emilia, con manifestazioni di protesta all’interno
dell’Istituto San Lazzaro, il manicomio della città, e incontri con i
lavoratori delle industrie della provincia.
Dal 1973 al 1996 ha lavorato, prima, al grande Istituto
dell’Osservanza, poi ha organizzato e diretto il “Reparto Autogestito”
dell’Istituto Lolli, a Imola, dove ha contribuito allo smantellamento
di alcuni reparti di lungodegenti, facendo sì che fossero gli stessi
“degenti” a organizzare non solamente la loro vita quotidiana ma anche
le strutture in cui si trovavano a vivere.
Giorgio Antonucci, ha ricevuto, l’8 marzo 1997 a Milano e il 15
febbraio 2003 a Los Angeles, un riconoscimento per le attività svolte
da parte del “Comitato cittadini per i diritti dell’uomo”, con sede
centrale a Los Angeles.
Il 26 febbraio 2005 ha ricevuto a Los Angeles il Thomas Szasz Award
“per eccezionali contributi alla lotta contro lo stato terapeutico”,
ricevendo contemporaneamente un riconoscimento anche dall’assemblea
legislativa dello Stato della California.
Da anni, Giorgio Antonucci prosegue la sua attività culturale e
scientifica, occupadosi, fra l’altro, della questione degli ospedali
psichiatrici giudiziari, tutt’ora presenti in Italia, e delle attività
di rete a difesa dei diritti dei cittadini sottoposti a provvedimenti
psichiatrici, tra le quali il Telefono Viola.
Amico di poeti e scrittori, gode di grandissima stima da parte di
Thomas Szasz, noto in tutto il mondo per il suo libro Il mito della
malattia mentale, uscito negli Stati Uniti nel 1966. Con Szasz
condivide la messa in discussione radicale dell’istituzione
psichiatrica e del concetto di malattia mentale.
Autore di svariati libri, Giorgio Antonucci ha scritto anche su parecchie riviste, tra esse:
Psicoterapia e scienze umane,
Ombre Rosse,
Il Ponte,
Collettivo R,
Senza Confini,
Tempi supplementari,
Frigidaire,
Liberamente,
La cifra,
Il secondo Rinascimento.
Al lavoro e all’infaticabile impegno di Giorgio Antonucci in difesa del
diritto alla parola, il professore danese Svend Bach, docente di
letteratura italiana all’Universita di Aarhaus, ha dedicato un libro,
Temanummer om Antipsykiatri eller ikke-psykiatri (Edizioni Amalie,
Copenaghen, 1989).
Giorgio Antonucci è dunque un personaggio emblematico, per gli aspetti
culturali, scientifici, sociali, politici e del diritto della sua
elaborazione, di alcune questioni nodali della società e della cultura
occidentali: funzione e ruolo della psichiatria, e leggitimità dei suoi
fondamenti operativi, ma anche funzione e ruolo del principio di cura
in medicina e nella stessa psicoanalisi, e messa in discussione dei
loro aspetti autoritari.
Il ruolo di Giorgio Antonucci è stato — e seguita ad essere —
importantissimo anche per quanto riguarda la formazione, grazie alla
sua intensa attività di docenza corsuale, rivolta a studenti, giovani,
educatori ed infermieri e a tutti coloro che, come individui e come
cittadini, sono interessati ai temi dei diritti, della liberta, della
salute.
Così come, nel campo del lavoro, Giorgio Antonucci ha sempre
valorizzato la ricerca e il lavoro di quei giovani e di quelle
associazioni e cooperative sociali che si sono occupate del disagio in
termini non autoritari, non omologati, non esclusivamente
psicofarmacologici, bensì con caratteri innovativi e di attenzione alla
dignità, alla qualità della vita e ai diritti di ciascuno.
OPERE PRINCIPALI
I pregiudizi e la conoscenza critica alla psichiatria (prefazione di
Thomas S. Szasz), di Antonucci Giorgio – ed.Coop. Apache -1986 –
Psichiatria ieri ed oggi , di Antonucci Giorgio – Enciclopedia Atlantica (European Book, Milano) – 1989
Il pregiudizio psichiatrico di Antonucci Giorgio – Eleuthera – 1989
La nave del paradiso di Antonucci Giorgio – Spirali – 1990
Freud e la psichiatria , di Antonucci Giorgio -1990 Enciclopedia Atlantica (European Book, Milano)
Psichiatria e cultura, di Antonucci Giorgio – Enciclopedia Atlantica (European Book, Milano)-1991
Contrappunti di Antonucci Giorgio – Sensibili alle Foglie – 1994
Critica al giudizio psichiatrico di Antonucci Giorgio – Sensibili alle Foglie – 1994
Il giudice e lo psichiatra collana di libri Volontà di Eleutera – volume – Delitto e castigo – 1994
Il telefono viola. Contro i metodi della psichiatria di Antonucci Giorgio, Coppola Alessio – Eleuthera – 1995
Pensieri sul suicidio di Antonucci Giorgio – Eleuthera – 1996
Il pregiudizio psichiatrico di Antonucci Giorgio – Eleuthera – 1999
Le lezioni della mia vita. La medicina, la psichiatria, le istituzioni di Antonucci Giorgio – Spirali – 1999
Pensieri sul suicidio di Antonucci Giorgio – Eleuthera – 2002
Critica al giudizio psichiatrico di Antonucci Giorgio – Sensibili alle Foglie – 2005
Diario dal manicomio. Ricordi e pensieri, di Antonucci Giorgio – Spirali – 2006